Brasile & Sud America
 
 
NICARAGUA  
Nicaragua. Dove il Sandinismo non è mai finito.
di Roberto Lovari – Secolo d’Italia 20/07/2010
Un famoso gruppo musicale portoricano, Calle 13, è stata l'attrazione principale del festival della musica latino americana che si e tenuto a Managua per celebrare il 19 luglio in ricordo del 19 luglio del 1979, quando si insediò la Giunta di Ricostruzione Nazionale dopo la fuga del dittatore Anastasio Somoza. I mezzi di informazione hanno parlato poco del paese, solo un cenno ogni tanto per la vergognosa copertura data ad uno dei terroristi responsabili della morte di Aldo Moro e della sua scorta. Il paese era stato uno dei protagonisti degli ultimi anni della guerra fredda. Il Nicaragua guidato da Daniel Ortega e dai suoi amici sandinisti era stato sicuramente il successo più grande di Fidel Castro in America Latina. Il Nicaragua, con il vicino EL Salvador dove il Fronte Farabundo Marti (FMLN) portava avanti la guerriglia con successo, erano una nuova grande minaccia a pochi chilometri dagli USA. Il lucido Reagan appena insediato scatenò la risposta mettendosi anche contro il congresso. La storia è nota, dopo anni di guerriglia e di sangue Ortega e il sandinisti sono stati sorprendentemente battuti nelle elezioni nel 1990. Il paese, uno dei più poveri dell'emisfero occidentale con i suoi $ 950 di reddito annuale pro capite, ha vissuto i tre lustri successivi al ritorno alla democrazia in mezzo a molte difficoltà a causa dei danni provocati dal governo marxista. Ortega non ha abbandonato la politica nonostante un processo intentatogli dalla sua figlia adottiva Zoilamerica Narvaez che lo accusa di averla stuprata per 10 anni dall'età di 11. Nel 1998 l'immunità parlamentare lo protesse, nel 2002 l'autorità giudiziaria dichiarò prescritto il reato. Nel 2006 Ortega, dopo essersi pubblicamente riconciliato con il cardinale Miguel Obando y Bravo e alleato con una parte dei”contras” ponendo come candidato alla vicepresidenza Jaime Morales Carazo, vince le elezioni con il 38% e diviene presidente. Si pensava che Ortega sarebbe rimasto fedele alle dichiarazioni della campagna elettorale di voler governare in modo differente dal passato,purtroppo così non è stato e non è. Corruzione, manipolazione ed uso politico dei giudici e della giustizia, un autoritarismo nei confronti del Parlamento, brogli elettorali, radicalismo di sinistra in politica estera, tutto questo ha segnato i due anni e mezzo della nuova presidenza dei sandinisti e del loro leader. Dopo la soppressione di alcuni partiti di opposizione, nel novembre dell'anno scorso clamorosi brogli nelle elezioni municipali vengono condannati dall'ex presidente americano Jimmy Carter e da vari osservatori internazionali. Ortega subito dopo l'insediamento il 1 gennaio del 2007 entra nell‘Alleanza Bolivariana di Chavez distinguendosi per faziosità al limite della stupidità. La crisi economica e finanziaria mondiale degli ultimi anni per Ortega “ è la punizione di Dio per la volontà degli Usa di voler imporre la loro volontà al mondo”. Nel 2008 esprime le sue condoglianze per la morte del capo dei narcoterroristi delle FARC Manuel Marulanda, dopo pochi mesi Ortega riconosce l'indipendenza dell'Ossezia del Sud e dell’ Abkhazia, i due territori della Georgia occupati militarmente dalla Russia. All'interno del paese Ortega ingaggia un duro confronto con il Parlamento, organo nel quale non ha la maggioranza. Scontri e paralisi dell'organo segnano tutti i primi mesi del 2010. Ortega rinnova con un decreto due giudici, il Parlamento tenta di annullare il decreto. Manifestanti pro e contro si affrontano duramente nei dintorni del Parlamento. I due giudici gli servono per permettergli di cambiare la costituzione e potersi ricandidare nel 2011 alle presidenziali. A fine maggio chiede l'appoggio della Confindustria nicaraguense per sciogliere l'assemblea nazionale e governare con un”Consiglio di Stato”, una specie di organo esecutivo e legislativo con membri designati da varie parti come era avvenuto durante gli anni ‘80 sotto il regime sandinista. Il risultato di questo caos politico e della crisi economica ce lo dicono i risultati di un sondaggio promosso dalla Camera di Commercio americana del Nicaragua. Il 51% dei Nicaraguegni pensano che il presidente è autoritario, critica la sua gestione, il suo desiderio di voler essere rieletto, lo accusano di voler instaurare una dittatura. Ma se il presidente del Nicaragua non se la passa bene, e il 43% dei cittadini non ha simpatie per nessun partito. Il 2011 non è lontano.

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