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Alba rossa in Honduras, una sceneggiata fallita
di Roberto Lovari da l’Opinione 08/07/09
I mezzi d’informazione di tutto il mondo hanno dato ampio risalto al tentativo del deposto presidente dell’Honduras di rientrare nel suo paese. Facendo interviste in volo alla televisione di Chavez, Telesur, o alla CNN in lingua spagnola via telefono, l’ex presidente Zelaya invitava i suoi sostenitori ad essere presenti all’aeroporto per riceverlo dando anche l’ora del suo arrivo.
Qualche autocarro sulle piste lo ha rapidamente convinto a dirigersi verso aeroporti ben più
accoglienti, prima Managua, poi San Salvador. Ancor più patetica la sorte degli “accompagnatori presidenziali”, ossia l’argentina Cristina Kirchner, l’ecuadoregno Correa e il paraguayano Lugo, che, dopo aver annunciato roboanti presenze nello stesso volo di Zelaya, hanno optato per un più tranquillo atterraggio a San Salvador “dove monitorare meglio gli accadimenti”. Certamente nelle Americhe si è venuta a creare una situazione per lo meno paradossale. L’Organizzazione degli Stati Americani(OSA), l’organismo che dal 1948 con la “Carta di Bogotà”, garantisce l’indipendenza dei 34 stati membri , Cuba è stata riammessa ma ancora non è rientrata ufficialmente, ha espulso l’Honduras per aver rimosso ed esiliato il suo presidente Zelaya .
Certamente vi è stata unanimità nel mondo nel condannare i fatti honduregni. Usa, Osa, e UE hanno visto nella decisione della Corta Suprema dell’Honduras di rimuovere il presidente Zelaya e di affidarne l’esecuzione all’esercito un ritorno ai tristi tempi dei colpi di stato. Il parlamento aveva bocciato la richiesta di Zelaya di convocare un referendum per consentirgli di ricandidarsi e di eleggere una costituente. Zelaya, incurante di questo, aveva richiesto all’esercito di far svolgere il referendum, di fronte al suo rifiuto, ne aveva sostituito il comandante rifiutandosi successivamente di reintegrarlo per ottemperare alla volontà della Corte Suprema. In pratica il parlamento, la Procura Generale, la Corte Suprema, l’esercito si erano espressi contro il tentativo operato da Zelaya di imitare Chavez e gli altri presidenti come Morales e Correa , che hanno conquistato la presidenza a vita tramite il populismo e i referendum. Gli osservatori più attenti concordano nella richiesta dell’OSA, degli USA, della UE di riportare Zelaya alla presidenza del suo paese, domanda dosi nel contempo dove erano stati tutti quando Zelaya violava impunemente le leggi del suo stato. Ed è ammissibile che l’alleato Chavez , capo dell’ALBA, di cui Zelaya è entrato a far parte da poco tempo, minacci l’uso della forza per riportare Zelaya al potere? Per non dire dei più preoccupanti movimenti di truppe nel confinante Nicaragua di Daniel Ortega, sul quale ancora pendono pesanti polemiche sulle truffe elettorali nelle ultime elezioni comunali. Molti hanno visto nell’Alternativa Bolivariana delle Americhe (ALBA), l’organizzazione creata dal presidente Chavez, un rinato in piccolo Patto di Varsavia dei Tropici. Che Chavez voglia fare all’Honduras quello che nel ‘68 il Patto di Varsavia fece alla Cecoslovacchia, ossia invaderla per ristabilire “la legalità socialista”, sicuramente non sarà così, ma certamente l’Alba sta crescendo ponendo non pochi problemi principalmente nell’area dei Caraibi. La recente adesione all’Alba delle piccole isole di Antigua, Dominica, San Vicente e Granadines hanno suscitato preoccupazioni nella Comunità dei Caraibi (CARICOM). In modo molto pacato il primo ministro della Giamaica Bruce Golding ha lanciato l’allarme dicendo: ”Quando uno stato entra in altre alleanze, è chiaro che questo interferirà in quelle già esistenti, ossia il Caricom”. In questo quadro viene naturale la domanda: e Obama? Atteggiamento cauto e prudente quello degli USA. Condanna della deposizione di Zelaya, ma nessuna sanzione aldilà della sospensione delle collaborazione militari. Obama sta portando avanti il suo tentativo di dare un’immagine diversa degli USA. L’offerta di dialogo ai vari Castro, Chavez e Morales è ancora in campo, non va ne avanti ne indietro. Certamente negli Stati Uniti, non solo tra i Repubblicani ma anche tra i Democratici, crescono i dubbi su una situazione in cui dittatori assassini come Castro o presidenti autoritari come Chavez chiedono il ritorno al potere dei loro amici deposti, sicuramente in malo modo, ma pur rei di varie violazioni della legge del loro paese. Il prestigioso cardinale honduregno Madariaga e la Conferenza dei Vescovi hanno invitato tutti al dialogo e a trovare soluzioni senza spargimenti di sangue, pur negando che nel paese vi sia stato un colpo di stato.

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