Brasile & Sud America
 
 
SUD AMERICA E LATINA  
Dove andrà il Sudamerica nel 2008?
di Roberto Lovari
Il nuovo anno si è aperto con un nuovo insuccesso di Chavez. Il 2007 si era, al contrario, aperto con il grande prestigio conquistato con il 63% dei voti nella rielezione presidenziale del dicembre 2006. L’irruente protagonismo del presidente venezuelano aveva ricevuto un duro stop durante il vertice Ibero Americano di Santiago del Cile dal fermo atteggiamento del re di Spagna Juan Carlos. Successivamente l’inatteso no del popolo venezuelano alla sua proposta di riforma della costituzione era stato un ulteriore duro colpo al suo protagonismo e prestigio. Protagonismo che aveva costretto il presidente colombiano Uribe a ritirargli il mandato a trattare con i guerriglieri comunisti delle FARC per uno scambio di prigionieri.
Le FARC, forse in un tentativo di aiutarlo, dichiararono di voler liberare tre prigionieri, tra cui un bimbo di tre anni. Dopo giorni di attesa con TV e mezzi di informazione di tutto il mondo, con Chavez che fa quotidiane interviste, il flop. Le FARC, dice Chavez, rinunciano all’operazione per colpa dell’esercito colombiano, il presidente Uribe accusa a sua volta i narco guerriglieri di non avere il bimbo che sarebbe invece in un orfanotrofio colombiano.
Ma se i media sono puntati sul “mistero Emanuel”, il nome del bimbo, nato nella foresta dalla candidata alla vice presidenza del Venezuela e catturato insieme alla Betancourt nel 2002, i commentatori politici e quelli economici cercano di capire cosa accadrà nel 2008.
Il quadro politico del Sudamerica si è sicuramente più oscuro per le vicende recenti dell’Ecuador e della Bolivia e per la nuova crisi tra Argentina e USA. L’elezione della Assemblea Costituente in Ecuador e la chiusura del Parlamento da questa decisa, ha creato un clima di forte rottura tra Correa e l’opposizione. La costituente sembra decisa a introdurre riforme radicali orientate a portare il paese verso il socialismo del XXI secolo.
Ormai non conoscono sosta le vicende drammatiche della Bolivia che ha approvato la nuova costituzione in una caserma, senza la presenza dell’opposizione. Le ricche province orientali, da sempre all’opposizione di Morales, hanno iniziato a darsi statuti autonomi, forse primi atti verso la secessione. L’arresto di un venezuelano con anche cittadinanza nordamericana a Buenos Aires nell’agosto scorso con una valigia contenente 800.000 dollari ha scatenato l’ennesima crisi tra Argentina e USA. La magistratura americana ha arrestato l’uomo che avrebbe detto che i dollari erano un finanziamento per la campagna elettorale di Cristina Kirchner. Ecco allora i manifestanti di fronte all’Ambasciata USA che accusano la CIA di complottare contro l’Argentina per la sua alleanza con Chavez. Ecco allora l’autorevole Washington Post accusare la “Presidenta Cristina” di aver fatto cadere le speranze di un cambio di politica estera dell’Argentina. I 4 miliardi di dollari di buoni respinti dal mercato ma comprati da Chavez continuano a dare risultati.
Per non parlare della lunga e durissima crisi con l’Uruguay per la costruzione di una fabbrica di cellulosa al confine tra i due paesi.
Indubbiamente migliore di quello politico è lo scenario economico del 2008 per l’America Meridionale, anche se non mancano anche qui ombre ed interrogativi.
Il risultato del 5,5% di crescita nel 2007 e la previsione di un 4,5% per il 2008 sono dati sicuramente positivi. Sono anni decisamente buoni per il Sud America, è la crescita più lunga dagli anni sessanta, dato che rende questa area geografica meno vulnerabile alle crisi esterne. Gli analisti economici fanno osservare come questi dati positivi siano dovuti agli alti prezzi delle materie prime nel mondo, ai 50 miliardi di dollari inviati dai milioni di sudamericani che lavorano negli USA e in Europa, dal buon andamento dell’economia mondiale, nonostante la crisi dei sub-primes USA.
Detto questo gli analisti ricordano come il Sud America sia l’area che cresce di meno nel mondo, la metà dell’Asia, inferiore addirittura all’Africa sub sahariana. Gli investimenti internazionali sono paurosamente scesi, tanto da far ricordare una celebre battuta del grande scrittore peruviano Vargas Llosa: ”C’è di peggio dell’essere sfruttati dall’imperialismo, è il non esserlo, ovvero Yankee come back”.

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