Brasile & Sud America
 
 
VENEZUELA (CARACAS)  
Perché gli “chavisti” hanno abbandonato Chavez nel referendum?
di Marco Marri
Il risultato del recente referendum che ha visto la sconfitta di Chavez, anche se con uno stretto margine del 51 contro il 49 per cento, ha lasciato sul terreno numerosi interrogativi sui quali è indispensabile una riflessione. Cos’è accaduto in un anno che ha portato Chavez dal 60% dei consensi delle elezioni presidenziali del 2006 al 49% del referendum?
Lasciando anche stare le voci su un risultato “aggiustato”, o peggio la ventilata ipotesi che Chavez avrebbe voluto disconoscere il risultato, idea venuta meno di fronte al diniego dei militari, resta da capire il perché del 51% dei no e soprattutto le ragioni del 44,11 di astensioni. A sinistra in Italia si tenta di indicare nei militari anche chavisti le ragioni della sconfitta, ossia gli stessi militari non avrebbero affatto gradito l’ipotesi contenuta nella nuova costituzione di creare una “milizia popolare”, fatto che avrebbe sottratto risorse e potere alle forze armate.
Tra i militari che appoggiarono il golpe di Chavez del 92 non vi è molta passione per la scelta socialista per la vicinanza crescente con i cubani di Fidel Castro. Per non dire dei settori più tradizionalisti e conservatori. Ma anche se probabilmente si tratta di valutazioni corrette non sono sufficienti a spiegare i vuoti elettorali nelle file chaviste. Pur potenti e numerosi, i militari sono centomila, non i milioni che invece mancano all’appello.
Non è stata l’opposizione che ha vinto, sono stati vasti settori popolari che hanno appoggiato Chavez nel passato ma che nel referendum si sono spaventati passando al no o all’astensionismo per il progetto socialista della nuova costituzione. Paradossalmente i processi redistributivi del reddito messi in moto da Chavez hanno creato la causa del loro atteggiamento elettorale. L’aumento di reddito di alcuni settori popolari hanno creato un aumento del prezzo di alcuni beni alimentari che hanno cominciato a scarseggiare. Alcuni settori popolari hanno pensato che fosse una involontaria anticipazione del tristemente noto modello cubano. Se i settori più poveri del paese hanno sentito concretamente i vantaggi delle scelte politiche di Chavez nel campo sanitario, sociale e dell’istruzione, la crescente corruzione dell’apparato politico e statuale del presidente ha creato negli ultimi mesi consistenti sacche di rifiuto e di malumore.
Non è difficile dire come Chavez si muoverà nei cinque anni che lo separano dalla fine del suo mandato. Dopo qualche giorno di riflessione, è ripartito subito all’attacco dell’opposizione ingiuriandola con termini volgari. L’assemblea Nazionale, dove è totalmente assente l’opposizione, ha ripreso a votare da giovedì un piano di sviluppo economico e sociale che prevede un “modello produttivo socialista” e la nascita di una “nuova geopolitica nazionale” con una modifica della struttura territoriale del Paese. La proposta di un modello socialista non è altro che una nuova versione dell’articolo 112 contenuto nella proposta di nuova costituzione respinta dal popolo venezuelano il 2 di dicembre. L’opposizione, che rimane divisa, protesta con forza, vedremo se Chavez l’ascolterà.

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