Brasile & Sud America
 
 
PERÙ (LIMA)  
Urne calienti per il Perù
di Roberto Lovari Secolo d’Italia 17/02/2011
In questi giorni a Davos, dove si incontra annualmente il gotha dell’economia mondiale, il Perù è stato ampiamente citato. È stato Moises Naim, già direttore di Foreign Policy, speaker in molte sessioni dell’incontro, a parlare del paese degli Incas. Per Naim il primo decennio del XXI secolo è stato , è vero, segnato negativamente dall’11 settembre, dalle guerre in Iraq ed Afganistan e dalla crisi economica, ma ha anche visto un grande miracolo economico, non solo quello del BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), ma anche quello di un gruppo di paesi, dell’Asia e dell’America Latina, poverissimi. In paesi dove si concentrava la povertà mondiale, dal Vietnam al Bangladesh, dall’Uzbekistan al Perù, si è sviluppato un ciclo di crescita economica fortissima, dato che ha consentito a centinaia di milioni di uomini di uscire dalla povertà estrema. È dagli inizi del nuovo secolo che il Perù ha ottimi risultati economici e non solo per l’esportazione di minerali, che per decenni ha sostenuto l’economia del paese. Certamente la stabilità politica acquisita dopo il decennio di Fujimori ha aiutato il paese ad attirare capitali cospicui. I risultati della presidenza di Alexandro Toledo sono stati sicuramente inferiori alle attese. L’elezione nel 2001 alla presidenza della repubblica del primo indio, ossia un discendente delle popolazioni precolombiane, di tutte le repubbliche latino americane era stata salutata come un fatto storico, bisogna ricordare che queste popolazioni sono state sfruttate ed emarginate, pur essendo la maggioranza del paese. Toledo, un economista formatosi negli USA, ha fatto un buon governo, non riuscendo però a liberarsi del male tradizionale del Perù, la corruzione. In Perù non è ammesso il secondo mandato e pertanto alla scadenza della sua presidenza, nel 2006, il paese assiste all’incredibile ritorno di un uomo protagonista di una presidenza molto discussa, Alan Garcia. Espressione di un vecchio partito, l’APRA (Alleanza Popolare Rivoluzionaria Americana), sempre in bilico fra riformismo socialdemocratico e massimalismo marxista, Garcia, nella sua presidenza degli anni 85-90, vede il suo governo dichiarare la moratoria dei pagamenti esteri e lo svilupparsi di una inflazione fortissima, frutto di una avventurosa politica economica. Vincendo le paure dei peruviani che temono il ripetersi del passato, Garcia sconfigge di misura Ollanta Humala, ex militare, portatore di una proposta nazionalista e marxista, grande ammiratore del venezuelano Chavez. Garcia, in questo suo mandato, si tiene lontano dal massimalismo della sua prima presidenza e garantisce stabilità alla crescita economica del paese, che non sempre porta vantaggi anche agli strati più poveri della popolazione. Il suo mandato è segnato da sanguinosi scontri con gli Indios dell’Amazzonia peruviana che si oppongono alle attività minerarie nei loro territori. Non mancano scandali che lo costringono a cambiare interi governi. Alla fine del suo mandato, con bassi indici di popolarità, si apre la campagna elettorale per eleggere il nuovo presidente il 10 di aprile. A fine 2010 appaiono subito le due novità che stanno segnando questo confronto elettorale. Dopo mesi di incertezza, l’ultimo sondaggio assegna il primo posto nelle preferenze dei peruviani all’ex presidente Alexandro Toledo. Con un più o meno stabile 28% assegnatogli dal sondaggio IPSOS, Toledo, con il suo partito Aleanza Perù Posible, ha ormai un posto certo nel secondo turno. Il fatto sorprendente di queste elezioni è quanto scrive il noto quotidiano peruviano La Republica: “la vera lotta è per il secondo posto”. Sono ormai più di tre mesi che si alternano per questo posto due candidati, l’ex sindaco di Lima, Luis Castañeda, di Alianza Solidaridad Nacional, e Kiko Fujimori, di Fuerza 2011. Il cognome non lascia dubbi sulla parentela di Kiko Fujimori, è la figlia dell’ex presidente Alberto Fujimori. Condannato varie volte per reati compiuti durante gli anni della sua presidenza (1990-2000), l’ex presidente di origine giapponese sconta la condanna in una prigione dove, non solo riceve folle di fedeli, ma dispensa consigli di ogni tipo alla figlia. Nel 2006 Kiko si è presentata al parlamento risultando eletta con un voto quasi plebiscitario. Successivamente ha costruito il partito Fuerza 2011. Inizialmente diceva che in caso di vittoria avrebbe graziato il padre, successivamente ha negato, confidando nei vari ricorsi presentati dagli avvocati del padre. Ad oggi ha il 22% dei consensi, contro il 18% dell’inseguitore Castañeda. Fuori corsa l’estimatore di Chavez Ollanta Humala, con il suo Gaña Perù, un’accozzaglia di gruppuscoli di estrema sinistra e di nazionalisti,che non va oltre il 12%. La campagna elettorale si svolge in un clima di grande scontro, con ogni tipo di accusa, quale quella di ricevere fondi dal narcotraffico. Forte la presenza del cardinale Cipriani, il primo membro dell’Opus Dei ad entrare nel collegio cardinalizio. Con vari interventi si è guadagnato il titolo di “cardinale politico”. Garcia termina il suo mandato con una popolarità bassa, il 30%. In una dichiarazione ne attribuisce la causa al fatto che i peruviani sono “diffidenti e tristi”, ha chiuso però la sua dichiarazione dicendo che gli piacerebbe essere di nuovo presidente del 2016, intanto la candidata della sua APRA, Mercedes Araoz, ha rinunciato a causa dello scarso appoggio ricevuto dai maggiorenti del suo partito.

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