Brasile & Sud America
 
 
CILE (SANTIAGO DEL CILE)  
Se il Cile supera la crisi può ringraziare i "Chicago Boys"
di Roberto Lovari (www.loccidentale.it)
In una nota emessa il 21 di ottobre e pubblicata nel Regional Economic Outlook per l’emisfero occidentale il FMI ha scritto che l’America Latina affronterà la tempesta monetaria mondiale meglio che nel passato. Certamente diminuirà la crescita che per il 2009 sarà solo del 3%.
Senza entrare nel dettaglio il FMI dice inoltre che saranno particolarmente colpiti quei paesi la cui economia è più legata all’esportazione di commodities, ovvero prodotti agricoli e petrolio. Decisiva sarà anche la situazione economica dei singoli stati. Secondo la maggior parte degli analisti economici, a cominciare da Osvaldo Kacef, esperto della Commissione Economica per l’America Latina dell’ONU (CEPAL), il Cile è il paese nelle condizioni migliori per affrontare la tempesta mondiale. Secondo i dati ufficiali la politica del superavit strutturale portata avanti dal governo da anni ha permesso di risparmiare quote significative delle esportazioni di rame al punto che nelle casse dello stato ci sono ben 26 miliardi di dollari per affrontare la crisi. Certamente anche il prezzo del rame è caduto molto, ma il sottosegretario del Ministero dell’Economia Maria Olivia Recart può permettersi di dire: “Affrontiamo la crisi internazionale con la casa in ordine e con alcuni punti forti, con il mercato bancario, delle pensioni, dei valori a posto, un deficit del governo centrale del 3,5% del PIL, quasi il più basso della storia del Cile.
Subito il presidente Bachelet ha annunciato un piano finanziario di 1550 milioni di dollari a sostegno delle piccole imprese esportatrici, uno dei pilastri del successo economico del paese negli ultimi anni. Dopo pochi giorni ha riunito nella residenza dei presidenti cileni, la Moneda, i partiti di governo e di opposizione ricevendone un consenso unanime. Si badi bene, questi di ottobre sono giorni di campagna elettorale per le elezioni locali. L’alleanza di centro sinistra, dopo quasi 20 anni di governo, sembra destinata a perdere nelle prossime elezioni presidenziali del 2009 a favore del centro destra.
Certamente la “Concertacion de Partidos por la Democrazia”, formata da socialisti, democristiani, radicali e socialdemocratici, non solo ha saputo gestire bene la transizione dal regime di Pinochet alla democrazia, ma anche la politica economica che dal ’73 all’89 aveva portato avanti il dittatore cileno.
In Italia si conosce tutto della spietata e sanguinaria repressione operata dai militari cileni, ma è quasi un tabù parlare dei contenuti della politica economica di quegli anni. In Cile si sperimentarono tesi economiche elaborate dalla scuola di Chicago, i “Chicago Boys”, tra cui il Nobel Milton Friedman. L’asse portante di questa politica economica fu il riequilibrio del bilancio statale, la liberalizzazione dei tassi d’interesse, l’apertura delle frontiere, la privatizzazione del sistema pensionistico. Durissimo il costo sociale di tutto questo, ma l’inflazione, che nel ’73 di Allende era del 50%, scese al 10%, il paese godette di una crescita negli anni ’76 – ’80 del 7%. Ad oggi il Cile è il paese più prospero e  con il più alto reddito individuale dell’America Latina.
Ciò mentre l’Argentina, che dopo la seconda guerra mondiale aveva il secondo reddito dopo gli USA, si appropria, nazionalizzandoli, dei soldi dei pensionati con la motivazione che è di nuovo necessario lo stato, in realtà per salvare lo stato argentino da una nuova bancarotta.
La scelta argentina ha trascinato la borsa spagnola nel baratro. Ancora una volta il populismo peronista colpisce i risparmiatori europei, 400.000 italiani ancora piangono per la rapina subita con i “Tango Bonds”.
Proprio in questi giorni il governo cileno ha escluso categoricamente la nazionalizzazione dei propri fondi privati pensionistici.

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