Brasile & Sud America
 
 
BRASILE (BRASILIA)  
Niente “luna di miele” per la neo eletta presidente brasiliana.
di Roberto Lovari
In genere nelle repubbliche presidenziali tra l’elezione e l’entrata in carica vi è un lasso di tempo in cui il neo eletto presidente, o “presidenta” come nel caso del Brasile, vive una fase di tranquillità politica e di serena attesa degli eventi futuri. In genere la chiamano “luna di miele”. Nel caso della brasiliana Dilma Rousseff, eletta al secondo turno il 26 di ottobre, i due mesi che mancano al suo insediamento, il primo di gennaio 2015, avrebbero dovuto essere dominati dal dibattito sui futuri ministri e sugli atti del “Comitato per la transazione”, un gruppo di persone al lavoro per assicurare il passaggio dalla vecchia amministrazione alla nuova. Certamente le elezioni del 2014 sono state durissime e piene di polemiche. Il risultato elettorale ha spaccato quasi a metà il paese e le classi sociali, durissimo il confronto tra maggioranza ed opposizione. Anche la maggioranza dei partiti che appoggiano la presidente uscente ha subito forti divisioni a causa delle vicende elettorali nei vari stati per l’elezione dei governatori. Nonostante tutto questo, nessuno si aspettava che le difficoltà per Dilma apparissero così presto, non si è ancora spento l’eco dell’appello al dialogo lanciato subito dopo il risultato, che la Camera dei Deputati da un sonoro schiaffo in faccia alla “Presidenta”, come la chiamano i brasiliani. Infatti martedì 28 la Camera dei Deputati ha lanciato un decreto legge, chiamato in Brasile “medida provisoria”, che crea i “Consigli Comunali”. Questi organismi, che avrebbero dovuto essere presenti in tutte le strutture dello stato, non sono mai piaciuti ai deputati che vi vedevano una diminuzione dei loro poteri. Ma la cosa grave non è la bocciatura, ma il fatto che sia avvenuta con l’aiuto del PMDB, il partito del vice presidente Michel Temer. Gli uomini di Dilma colgono subito il messaggio: al senato stanno per essere approvati disegni di legge che rischiano di far saltare le casse dello stato. La maggioranza di Dilma sulla carta è ampia, circa 280 deputati su 513 che compongono l’organo, ma nei fatti non esiste ancora. Il PT, il partito di Lula e di Dilma, e il PMDB, il grande partito centrista che esprime il vice presidente, non solo non sono d’accordo su nulla, ma sono in forte tensione per l’organigramma delle presidenze del Congresso, sui ministri, in forte contrasto in ben 14 stati della federazione brasiliana. L’opposizione, per bocca del vice di Aecio, il senatore Aloysio Nunes, in un intervento in senato ha respinto con parole veementi il dialogo proposto da Dilma. Una situazione difficile e complicata, gli analisti osservano malignamente che questa volta non basteranno i 39 ministeri per placare le ire e gli appetiti degli alleati di Dilma. Se tutto ciò non bastasse, c’è un documento della Commissione Pastorale della Terra (CPT) della Chiesa Cattolica che chiede più terra per la riforma agraria, più terre per gli indigeni nel secondo mandato di Dilma. Alcuni osservatori dicono che questa volta nemmeno il “mago” Lula riuscirà a far uscire Dilma dal caos e dalle guerre che l’attendono nel suo secondo mandato.

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