Brasile & Sud America
 
 
BRASILE (BRASILIA)  
I primi giorni di Dilma Rousseff: inizio difficile per l'erede di Lula
di Roberto Lovari – l’Opinione 22/01/2011
La vittoria elettorale della Dilma Rousseff, l’incredibile popolarità del suo mentore Lula, uscito dalla presidenza con sondaggi che lo danno dall’83% all’87% di apprezzamento, la fortissima maggioranza dei suoi alleati, circa 350 su 513 deputati, 50 senatori su 81, facevano presagire un cammino se non trionfale per lo meno tranquillo. Fin dal giorno dopo l’elezione presidenziale è apparso chiaro che non sarà affatto così. E’ emerso subito quello che sarà il problema dei problemi, il rapporto con gli alleati, e soprattutto quello con il PT (Partito dei lavoratori), partito di Lula e suo, con il PMDB, il grande partito centrista che esprime il vice presidente della Repubblica Michel Temer. Per non dire di quello con Lula, che un giorno dice che non sa quello che farà nel 2014 anno delle nuove presidenziali, “sono vivo, presidente d’onore del PT, ho costruito una grande realtà”, il giorno dopo dichiara che Dilma sarà la sua candidata alle prossime elezioni presidenziali. Alcuni esperti ne ricordano un altro: quello del rapporto tra il nuovo presidente e il PT. Sottolineano che Dilma non appartiene al PT “storico”, quello nato nelle fabbriche di San Paolo nei primi anni 80, ma che sia entrata nel PT solo nel 2001, anche se certamente con un bel passato di opposizione ai militari, compresa prigione, tortura e lotta armata. Il più grosso, il rapporto tra PT e PMDB, è scoppiato quando Dilma ha nominato il comitato di transizione. Nelle repubbliche presidenziali viene nominato un comitato di transizione che amministra il passaggio delle consegne tra i due presidenti, l’uscente e l’eletto, segue la formazione del governo, in genere fatta prima dell’insediamento, nel caso del Brasile è il 1 gennaio. Dilma nel comitato ha messo solo “petisti”, furibonda, anche se non pubblica, la reazione dell’alleato PMDB, che ne ha chiesto l’allargamento al vice presidente Temer. Lo scontro tra le due forze politiche si è trasferito nella formazione del governo. Qui Il PT non solo si è assicurato lo stesso numero di ministeri del governo Lula, ben 17 su 37, ma anche con bilanci molto più ricchi. Il PMDB ha chiesto sei ministeri, formalmente è stato accontentato, ma il sesto ministero, quello della Difesa di Nelson Jobin, è formalmente del PMDB poiché il ministro è iscritto a questo partito, ma nella sostanza, la riconferma è stata suggerita da Lula accontentato dalla Dilma Ad aumentare l’irritazione del PMDB, partito, dicono loro, molto legato al territorio, altri dicono fortemente clientelare, è stato il cambio della presidenza delle poste a favore di un “Petista”. A questo punto la crisi è finita sui giornali, con dichiarazioni del leader del PMDB alla camera dei deputati, che, senza peli sulla lingua, ha chiesto il riequilibrio nel ”Segundo Escalao” del governo federale. Con questa espressione in Brasile chiamano quello che in Italia è il sottogoverno, ossia aziende di Stato, banche, fondazioni, alcune volte molto più importanti di molti ministeri, si pensi ad esempio alla Petrobras, il nostro Eni, o al ricco banco do Brasil. La La crisi è emersa con grande evidenza quando, nei primi giorni di gennaio, è stata convocata da Dilma una riunione tra i massimi dirigenti dei due partiti, compresi il vice Temer e il presidente del Senato uscente Sarney, pemedebista ed ex presidente della Repubblica. L’irritazione dei deputati del PMDB si era già manifestata clamorosamente con scarse presenze alla cerimonia di insediamento di alcuni ministri del PT. Il vertice avrebbe dovuto sciogliere i nodi delle nomine nel ”Segundo Escalao”, dopo lunghe discussioni in mezzo ad una crescente tensione, il presidente Dilma ha sospeso la riunione rinviando tutto a Febbraio, dopo la nomina dei presidenti della camera e del Senato. È prassi che le presidenze vengano assegnate ai partiti che ottengono più eletti, alla camera è il PT con 88 deputati, al Senato è il PMDB con 20 senatori. Un accordo tra i due grandi partiti prevede una rotazione biennale delle cariche. Dopo alcune tensioni tra i due partiti anche su questo tema, per non dire di quelle dentro lo stesso PT che ha dovuto cambiare candidato, il clima sembra meno teso per l’azione di moderazione svolta dal vice Temer e da Sarney, che ha visto riconfermare la propria presidenza del Senato, alcuni dico non solo per due anni, ma bensì per quattro. Le votazioni alla riapertura della Camera e del Senato ci diranno il vero clima politico, daranno anche indicazione sugli umori degli altri partiti alleati, rimasti tutti scontenti della spartizione del potere ministeriale. L’egemonia del PT sul governo Dilma emerge, secondo alcuni analisti, non solo nel numero dei ministeri ottenuti, ma anche nelle nomine federali. Come noto, nelle repubbliche presidenziali, con il nuovo presidente vi sono migliaia di cariche che si avvicendano. In Brasile sono ben 21700, di queste ben 13.400 saranno di nomina dei “petisti”. In Italia diremmo che il PT sI è trasformato più in partito di governo e di sottogoverno che di lotta.

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