Brasile & Sud America
 
 
BRASILE (BRASILIA)  
Il partito di Lula azzoppato dagli scandali
di Roberto Lovari - l’Opinione 06/10/2010
Domenica 3 ottobre in Brasile si è votato per eleggere il presidente della Repubblica, i governatori, i parlamenti regionali, la camera dei deputati e due senatori. Lula non si poteva ricandidare per il terzo mandato vietato dalla costituzione brasiliana. Dall’inizio dell’anno Lula aveva fatto la sua scelta dell’erede politico, una donna, Dilma Rousseff , ministro della Casa Civil, in Italia capo di gabinetto o sottosegretario alla presidenza. Donna con un passato di opposizione anche armata al regime militare, con riconosciute doti amministrative e politiche, non simpatica a tutti per il suo carattere forte se non prepotente. Lula, forte del suo prestigio, è riuscito a farla scegliere dal suo partito, il PT (partito dei Lavoratori) e poi a stringere una vasta alleanza intorno a lei. Con il suo pragmatismo e realismo di vecchio sindacalista è riuscito a mettere insieme tutta la sinistra brasiliana (i socialisti, laburisti, comunisti), il forte centro di governo del vecchio PMDB, dandogli la vice presidenza con Michell Temer. Il presidente brasiliano non ha avuto perplessità ad allearsi con antichi nemici come Collor, ex presidente della Repubblica costretto dalle denunzie di corruzione da parte sua e del suo PT a dimettersi nel 92, oppure a inglobare nella campagna per Dilma anche una parte degli eredi politici di quei militari che lo avevano messo in prigione agli inizi degli anni 80, il PP, adesso partito progressista, ma un tempo parte dell’Arena, il partito creato dai militari per sostenerli. L’opposizione, nonostante la presentazione di una personalità di grande rilievo come Jose Serra , ex governatore del potente Stato di San Paolo, con un passato democratico e senza ombre di scandali, con un buon nome come amministratore, è in grande difficoltà. L’altro candidato di rilievo era la verde Marina Silva, ma cosa avrebbe potuto fare la pur brava Marina? in Brasile i candidati preferiscono chiamarli con il nome di battesimo che con il cognome, non avrebbe potuto fare molto, il movimento ambientalista e verde è poca cosa, con pochi fondi e poco spazio nella propaganda politica gratuita in tv distribuita secondo la consistenza dei gruppi parlamentari. Da fine luglio Lula ha cominciato a dispiegare tutto il suo volume di fuoco a favore della sua Dilma. Una popolarità senza precedenti nella storia brasiliana, un 80% meritato visti i risultati positivi nell’economia cresciuta negli ultimi anni al ritmo del 5% e quest’anno al 7,2, i suoi piani sociali come Bolsa Familia , un reddito mensile di € 60 assicurato a più di 12 milioni di famiglie, un paese non più cronicamente indebitato con l’estero ma che al contrario presta denaro all’odiato FMI solleticando così il nazionalismo dei brasiliani. Ecco allora dalla fine di luglio Dilma cominciare a crescere, fino a rendere possibile l’elezione al primo turno. Lula senza remore, dimenticandosi di essere il presidente in carica del Brasile, si trasforma in un attivista e militante del PT per la Dilma, ma quando sembrava tutto fatto, ecco ricomparire un male che ha colpito duramente il PT, la corruzione. Già nel 2005 aveva decapitato il gruppo dirigente, nel 2006 una foto di una montagna di soldi su un tavolo di uomini vicini al PT aveva portato Lula al secondo turno, a 10 giorni dalla fine della campagna elettorale è venuto fuori che il figlio e il fratello di Eunice Guerra succeduta e braccio diretto di Dilma nel ministero da lei occupato, avevano montato una lobby affaristica. Dopo qualche incertezza la Guerra si è dimessa. Dilma, che era data quasi al 60% dei consensi, è scesa di qualche punto, ma, nonostante qualche dubbio, il secondo turno sembrava una possibilità remota. Lula votando domenica ha detto con spavalderia: “al massimo dovremo aspettare un mese in più”. La spavalderia è scomparsa quando, poche ore dopo la chiusura delle urne elettroniche, si sono conosciuti i risultati che, non solo mandano la Dilma al secondo turno, ma presentano anche rischi non trascurabili. Dilma 46,9% con 47 milioni di voti, Serra 32,61% con 33 milioni di voti e, grande sorpresa, la verde Marina Silva 19,33% con 19 milioni di voti. Lula e i suoi ministri hanno lasciato il palazzo presidenziale, dove avevano atteso i risultati, senza rilasciare dichiarazioni. Solo Dilma ha ringraziato gli elettori. È fortemente probabile che Dilma vinca nella tornata del 31 ottobre, ma dovrà faticare e sudare come non ha mai fatto fino ad oggi. Che farà Marina? Sarà neutrale o salirà sul palco di Serra per ricordare i durissimi scontri che ebbe con Dilma quando era ministro dell’ambiente, dissensi che poi la portarono alle dimissioni? Tra qualche giorno si vedrà, da oggi si riapre la campagna elettorale in Brasile.

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