Brasile & Sud America
 
 
ARGENTINA (BUENOS AIRES)  
È Cristina la Hillary della Pampa?
di Otrebor Iravol

L’Argentina è terra che produce emozioni, non solo con il suo tango, ma anche e soprattutto con la politica. Emozioni e sorprese. Solo due mesi fa il problema era uno solo: Nestor o Cristina, fino a quando? Fino al 2015 oppure, con una sapiente rotazione della nuova dinastia australe, fino al 2019?

Certamente il nodo è stato sciolto, Cristina Fernandez de Kirchner, moglie del presidente uscente, il 19 luglio presenterà, nella città di La Plata, capitale della provincia di Buenos Aires, la sua candidatura per le elezioni del 28 Ottobre per la presidenza della Repubblica Argentina. Avvocato, due figli, colta, 54 anni, bella ed attentissima alla propria immagine, in politica da anni, a lungo nell’assemblea legislativa della provincia di Santa Cruz, nella lontana Patagonia di cui era presidente il marito, si è fatta fama di donna decisa e combattiva. Per la sua opposizione a Menem fu espulsa dal gruppo “Justicialista” ovvero dal partito peronista come lo chiamiamo in Italia. Ma la sua consacrazione come personalità politica autonoma si verifica quando, nel 2005, vince lo scontro nella “guerra delle mogli”, ovvero quando sconfigge nelle elezioni la moglie dell’ex presidente Eduardo Duhalde, mentore nel 2003 del marito nelle elezioni presidenziali, nel loro feudo tradizionale, la sempre peronista provincia di Buenos Aires, dove vivono dodici dei trentotto milioni di abitanti di tutta l’Argentina. Ed è proprio negli eventi elettorali della provincia dove c’è la capitale che alcuni vedono una delle ragioni del passo indietro del presidente Kirchner. Certamente ad oggi Cristina, o CFK come la chiamano i suoi collaboratori, è data ad un tranquillizzante 45%. Ma il quadro sta cambiando e molto in fretta. Le percentuali di consenso del 70% o dell’80% di Kirchner sono cose del passato, certamente se si presentasse prenderebbe ancora il 55 per cento, ma alcuni dati negativi recenti sono innegabili! Alcune sconfitte elettorali a giugno, una piccola nella modesta provincia di Neeuquen (solo mezzo milione di abitanti) e quella grandissima per l’elezione del presidente della provincia di Buenos Aires ad opera dell’imprenditore Mauricio Macri, presidente della popolarissima squadra del Boca Junio, politicamente di centro destra, hanno pesato sicuramente nella scelta. Si aggiunga che alcuni scandali come quelli della società di costruzioni svedese Skanska, hanno sfiorato ambienti molto vicini alla presidenza, e i black out elettrici che, in un inverno particolarmente freddo, hanno creato non pochi problemi ed interrogativi agli argentini. Certamente Kirchner ha fatto dimenticare l’anomalia della propria elezione, avvenuta al secondo turno con un magro 22%, dopo l’abbandono di Menem, con i buoni risultati in economia ed in campo sociale. Un moderato populismo di sinistra, la lenta ma costante ripresa dell’economia con una crescita dell’8% annuo, dopo il pauroso tonfo del 2002, i prestiti ottenuti dall’alleato Chavez, hanno attenuato la catastrofica situazione economica e sociale dell’Argentina. Circa 14 dei suoi 38 milioni di abitanti vivono sotto la soglia della povertà, sono sorte baraccopoli mai viste prima del 2001, la sicurezza è diventata il primo problema, specialmente nella grande area di Buenos Aires. Singolare storia quelle di questo paese, dopo mezzo secolo (1880-1930) viene costruito un paese che, dopo la fine della seconda guerra mondiale, è il più ricco del mondo dopo gli Stati Uniti. Per reddito pro capite, per cultura (non ci sono analfabeti), una popolazione bianca ed omogenea, una democrazia radicata e diffusa. Poi arriva il 1945, e la storia è nota: Peron, Evita, i generali, poi di nuovo Peron, poi una imitazione di Evita, Isabellita, poi di nuovo i generali e dopo Menem e poi il baratro del 2002. Nell’ultimo cinquantennio l’Argentina ha distrutto tutto quello che aveva costruito nel cinquantennio precedente. Da paese sviluppato ad alto reddito a paese in via di sviluppo. Per non parlare delle tragiche pagine fatte di fiumi di sangue e di bestiale violenza mai visti nelle Americhe e con le quali gli argentini stanno ancora facendo i conti. Proprio in questi giorni si sta celebrando il processo contro un sacerdote accusato di complicità con i torturatori del regime militare. Ed è anche di questi giorni la rievocazione della forse più assurda delle guerre, quella della Malvinas. Un paese grande due milioni e ottocentomila chilometri quadrati ha mandato i migliori dei suoi figli, facendone morire centinaia, per prendere dodicimila chilometri quadrati di isole fredde, deserte, abitate solo da pecore e da qualche povero scozzese. Cristina, dicono già i suoi avversari, non ha mai governato. Chissà che non sia un bene, guardando avanti, al futuro, lasciando ad altri il tragico recente passato, forse saprà ridare agli argentini quei livelli di benessere e di libertà che possono avere e che si meritano.

Otrebor Iravol

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