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SUD AMERICA E LATINA |
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Gli Zelaya tentano di tornare al potere in Honduras
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di Roberto Lovari |
L’Honduras, stato centroamericano, non compare soventemente all’attenzione della grande stampa mondiale. Vi fu per qualche tempo, negli anni ottanta, quando fu la base da cui partivano gli attacchi dei “contras”, ossia quelle forze che si opponevano al regime filo cubano di Daniel Ortega in Nicaragua. Vi ritornò nel 2009 quando la deposizione del suo Presidente, Manuel Zelaya, scatenò una crisi e tensione nelle Americhe. Zelaya, eletto nel 2006, lentamente si era spostato su posizioni vicine a Chavez, chiedendo una Costituente per rifondare il paese. In una azione concertata tra Parlamento, Magistratura ed esercito, Zelaya fu portato, ancora in pigiama, in un aereo diretto in Costa Rica. La vicenda è condannata internazionalmente come golpe e l’Organizzazione degli Stati Americani (OEA) espelle l’Honduras. A settembre Zelaya ritorna di nascosto e si rifugia nell’ambasciata del Brasile a Tegucigalpa. Vi rimane quattro mesi, ma non riesce né a riprendere il potere, né a fermare la normalizzazione del paese. Infatti si svolgono normali elezioni presidenziali e viene eletto Porfirio Lopez. Lasciato il paese con salvacondotto presidenziale, Zelaya vi ritorna nel maggio del 2011, un mese dopo l’OEA riammette l’Honduras nell’organizzazione. Zelaya organizza le forze che gli erano rimaste fedeli e crea il “Partito della Libertà e della Rifondazione”. La novità è che Zelaya non si presenta alle elezioni presidenziali del 28 novembre, d’altra parte la legge glielo proibisce. È la moglie Xiomara Castro che si propone come presidente dell’Honduras, Zelaya dice di essere solo l’autista, di curare la campagna e di vigilare sulla candidata. È chiaro che è lui a dare il taglio politico alla campagna di Xiomara Castro. Zelaya ripete continuamente di essere per la “riconciliazione”, se sarà eletta sua moglie non prenderà alcun provvedimento contro quelli che, nel 2009, organizzarono il putsch contro di lui. Zelaya si spertica nel proclamare la sua vicinanza al Socialismo democratico, niente più simpatie chaviste. Le televisioni cattive proiettano continuamente gli elogi che proferì a Maduro quando fu eletto, Zelaya però è abile, alla presentazione del suo partito erano presenti addirittura Lisa Kubiskc, ambasciatrice USA, e Adolfo Facusse, presidente degli industriali dell’Honduras e uno degli organizzatori della sua deposizione. Tutti dicono che sono cose del passato e che bisogna guardare al futuro. I sondaggi dicono che i due principali candidati, Xiomara Castro e Juan Hernandez, si trovano in pareggio tecnico, con il 28% e il 27% rispettivamente. Con un tasso di omicidi di 85,5 su 100 mila abitanti, l’Honduras è il paese più violento del mondo, diverse le ricette dei due candidati per questa tragedia. Il 28 novembre sapremo quale hanno scelto gli honduregni. |
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