Il 21 di maggio la “Commissione della Verità” ha tenuto una conferenza stampa per illustrare il lavoro di un anno e avanzare una proposta. La commissione era stata creata dalla Presidente Dilma Rousseff in base ad una legge approvata dal Parlamento. Avrebbe dovuto indagare sulle violazioni dei diritti civili in Brasile dagli anni 40 agli anni 80, ovvero fino al ritorno del Brasile alla piena democrazia. Gli anni sessanta e settanta hanno fatto vivere alla tribolata storia del Sudamerica avvenimenti molto significativi. Dal ’64 in Brasile, nel ‘73 in Cile, nel ‘76 in Argentina furono instaurati una serie di regimi militari. In quegli anni si assiste ad una serie di processi politici che vedono da una parte una radicalizzazione della sinistra e delle masse popolari soggette a strutture sociali molto arretrate sotto il fascismo e il richiamo dell’esperienza castrista, dall’altra lo spostamento delle classi medie ed alte, timorose di sommovimenti sociali di grande rilievo su posizioni autoritarie. Fa da cornice a questo quadro politico l’America del Nord, impegnata globalmente a frenare l’espansionismo sovietico in Africa, nelle ex colonie portoghesi, e in Asia, con l’unificazione del Viet-Nam sotto un regime filosovietico. Le forze armate si fanno strumento della paure delle classi medie e degli USA, creando regimi militari con la bandiera della lotta al comunismo in nome di Dio, Patria e Famiglia. I regimi militari ricorrono alla violenza e alla repressione per debellare le varie opposizioni, con metodi estremi in Argentina, con “moderazione” in Brasile. Gli anni ottanta vedono il rientro dei militari nelle caserme e il ritorno, con modalità diverse nei vari paesi, alla democrazia. Inizialmente in questi paesi viene concessa a tutte le parti in causa, militari e opposizioni spesso armate, un’amnistia che li dispensa dal dovere rispondere delle azioni compiute in quegli anni. Una volta rafforzatasi la democrazia, in Argentina, in Cile e in Uruguay le amnistie vengono revocate e i militari vengono processati e spesso finiscono in prigione. In Brasile questo non si verifica, l’amnistia concessa a tutti nel 79 non è mai stata revocata. Nemmeno la sinistra, salita al potere con Lula nel 2002, lo ha fatto. Certamente non sono mancate discussioni e richieste. Infine, nel 2012, per dare una risposta, il Parlamento ha creato la “Commissione della Verità” che dovrebbe indagare su un largo periodo della storia del Paese. Nel presentare i risultati di un anno di lavoro, la commissione ha richiesto che venga annullata l’amnistia del ’79 e che si processino i militari responsabili delle violazioni dei diritti civili durante gli anni del regime militare. Non si è fatta attendere molta la risposta del Governo. Celso Amorim, ministro della difesa, senza mezze parole ha detto: “la proposta non è del Governo che non la sostiene, né la difenderà”. Si noti che Amorim è stato per molti anni Ministro degli esteri di Lula ed è considerato uomo molto vicino all’ex presidente. Tace pur le Presidente Rousseff, che fu imprigionata e torturata durante il regime militare per far parte dell’opposizione armata. |