Negli Stati Uniti la demografia sta cambiando la storia del paese. Obama è riuscito a farsi rieleggere superando molte difficoltà. Non poche erano le delusioni denunciate negli USA e nel mondo. Obama non ha fatto quello che aveva promesso quando era stato eletto. Il problema è che su di lui si erano riposte molte aspettative. In questo ha sicuramente contribuito una certa sinistra e un certo terzomondismo: Obama è nero e quindi farà grandi cose, residuo di un “sessantotto”, quando le risposte ai problemi del mondo dovevamo arrivare dal vecchio “zio Ho”, il vietnamita HO Chi Min, o dalla Cuba di Fidel Castro. Obama non è di sinistra come lo hanno voluto dipingere in questi anni, il fatto di essersi espresso a favore delle unioni gay, o di aver esteso l’assistenza sanitaria a circa 40 milioni di americani bisognosi lo colloca solamente nell’ambito delle forze liberaldemocratiche di stampo europeo. Non è certo di sinistra non aver chiuso Guantanamo perché ciò avrebbe avuto anche a che fare con la sicurezza degli States, la continuità a dare ordine di eliminare i terroristi islamici nel mondo con gli aerei senza pilota, aver continuato la ricerca dello spietato Bin Laden fino ad eliminarlo. È perfettamente nel filone “liberal” dei Kennedy o di Bill Clinton. Nessuno ha potuto dire in questi quattro anni di presidenza che abbia favorito in qualche modo gli afroamericani, lui figlio di un negro africano. Certamente non ha dimenticato quei “Latinos” che lo avevano votato in massa nelle primarie democratiche e nella successiva elezione presidenziale del 2008. Obama non. ha fatto la legge sull’immigrazione come aveva promesso. Negli USA ci sono circa 11 o 12 milioni di clandestini, di cui si stima l’80% composti da Latinos, che, con circa cinquanta milioni di persone, sono diventati la più grande delle minoranze della variegata geografia demografica degli USA. Per anni i “Latinos” hanno rimproverato il Governo con marce,si ricordi quella del 2010 di 100000 persone venute da ogni parte degli USA a Washington, negli incontri con organizzazioni degli ispanici, come quella con la Raza nel luglio 2010, o nell’incontro nella sala Roosevelt della Casa Bianca a Washington con i mezzi d’informazione di lingua spagnola. I rimproveri sono stati chiari, mai tanti deportati ispanici, un milione, come sotto la presidenza Obama. È più o meno in questo periodo che Obama comincia il suo cammino per riconquistare il voto dei “Latinos” che, delusi e colpiti più delle altre minoranze dalla crisi economica, avrebbero potuto votargli contro o non andare a votare. Il primo segnale lo comincia a dare quando il Governo Federale annuncia, per bocca di due alti funzionari, un cambiamento nella politica sull’immigrazione: non saranno più deportati le centinaia di migliaia di stranieri i cui processi siano di fronte ai tribunali, sempre che non abbiano precedenti penali. Dopo un tentativo bipartisan di fare una sanatoria sugli “indocumentados”, come vengono chiamati gli illegali, nel giugno di quest’anno un decreto presidenziale annuncia che coloro che sono stati portati negli USA da piccoli dai loro genitori, che abbiano studiato, fatto il servizio militare, potranno ottenere un permesso di soggiorno provvisorio. Per circa un milione e settecentomila giovani la decisione è un miracolo che li allontana dalla deportazione verso paesi che nemmeno conoscono. Tutto ciò a fronte di un mondo repubblicano che fa una scelta completamente diversa: linea dura sull’immigrazione illegale, con atteggiamenti al confine con la xenofobia. In alcuni stati come l’Arizona si approvano leggi che scatenano una razzistica caccia agli “indocumentados”,anche solo se la persona non parla bene l’inglese. Nelle primarie repubblicane i vari candidati fanno a gara nello spingere a destra su questo tema l’immagine repubblicana. Viene dimenticato George Bush che, insieme al futuro candidato repubblicano nel 2008 John Mc Cain, aveva tentato una sanatoria sugli illegali, e gli avvertimenti del fratello Jeff, già governatore della Florida, a non spingere i “Latinos” nelle braccia di Obama. Invece di scegliere l’ispanico di successo della Florida, il senatore cubano-americano Marco Rubio, è stata fatta una scelta diversa. Il risultato di questi due fattori è stato non solo un voto per tre quarti a favore di Obama, ma anche una grande partecipazione, elementi che hanno dato al presidente uscente una insperata grande vittoria. Obama ha rinverdito il vecchio sogno di coloro che, nei secoli passati, trovarono degli States un luogo dove poter pregare secondo le proprie convinzioni, poter sfuggire alla fame e alle dittature. Adesso i “Pilgrims Fathers” del secolo XXI sono i “Latinos”, le donne, i giovani, gli omosessuali, che non sono di sinistra, ma vogliono solo spazio e rispetto nella più grande e antica democrazia del mondo. |