Domenica 7 ottobre si è votato in due importanti paesi del Sudamerica, in Brasile per le elezioni comunali, in Venezuela per le presidenziali. Al di là delle profonde diversità tra le due realtà, un dato comune è certo, la democrazia liberale, che ha il suo punto di verità nel momento delle votazioni, ha fatto un passo in avanti, seppur non mancano gravi contraddizioni, come nel caso del Venezuela. Se vogliamo capire non bisogna mai dimenticare la storia recente di questi due paesi. Il Brasile è ritornato alla democrazia e alle elezioni solo nei primi anni ottanta. In Brasile si sono rinnovati i 5565 sindaci con i relativi consigli comunali. Per i comuni per più di 200000 elettori, circa 85, elezioni con secondo turno, per tutti gli altri con turno unico e proporzionale per i consigli comunali. Vi sono comuni i cui sindaci hanno un’importanza quasi come quella della Presidenza della Repubblica, è il caso della città di San Paolo. Una prima valutazione va fatta sul clima complessivo in cui si sono svolte le elezioni, clima ordinato e tranquillo nell’immenso paese, anche se non sono mancati problemi, ma di rilievo relativo. L’esercito ha assicurato la tranquillità del voto con la sua presenza in varie città del paese e in alcune “favelas” di Rio non ancora bonificate. Non sono mancati casi singolari, come quella candidata arrestata in Amazonia perché comprava voti con bustine di cocaina, o l’arresto della sorella di Lula che faceva “boca de urna”, ossia distribuiva suo materiale elettorale dopo la chiusura della campagna elettorale. Le elezioni municipali si sono svolte quest’anno all’ombra di due fatti che all’inizio sembrava dovessero condizionare il voto dei brasiliani. Proprio in questi due mesi di campagna è arrivato a giudizio presso il STF (Supremo Tribunale Federale), una specie di Corte Costituzionale e massimo organo giudiziario brasiliano, il processo chiamato “mensalao”. Si tratta di uno scandalo che vedeva coinvolti i massimi dirigenti del PT e della cerchia vicina a Lula, per, così dice l’accusa, aver comprato parlamentari alleati per votare a favore di Lula. Tutti i mezzi d’informazione del paese, dalla TV ai giornali, hanno accompagnato la campagna elettorale con le condanne dei vari personaggi. Il 28 di ottobre ci sarà il secondo turno. L’altro elemento di novità è stata la comparsa vistosa nel processo elettorale degli evangelici, nella versione neopentecostale. All’apertura della campagna elettorale ha suscitato stupore il successo di un candidato appoggiato da una delle chiese neopentecostali più chiacchierata del Brasile, la Chiesa Universale del Regno di Dio di Edir Macedo nella città di San Paolo. Guardando i risultati si può dire che sono più le conferme che le grandi novità. Vi sono stati scontri all’interno della maggioranza e tra maggioranza e opposizione. Il 28 di ottobre si definirà uno scontro importantissimo, quello di S Paolo tra l’opposizione di Serra e la maggioranza nazionale del PT di Lula e Roussef con Haddad, o a Salvador, dove il petista Pellegrino tenterà di fermare la corsa del capogruppo dell’opposizione alla Camera dei Deputati ACM Neto.
Ma, se in Brasile il 28 ottobre conosceremo gli equilibri di forza. e all’interno della maggioranza e tra maggioranza ed opposizione, in Venezuela era tutto in discussione, si è votato per mantenere o no il regime di Chavez. Erano in discussione due modelli di società profondamente diversi, il modello autoritario del “socialismo del XXI secolo”, come lo definisce Chavez, con lo sguardo rivolto a Cuba, e quello di Capriles, liberal democratico con economia di mercato sociale. Ha vinto Chavez con il 54% dei voti contro il 46% di Capriles. Chavez ha vinto, ma Capriles paradossalmente non ha perso. Chavez è al governo dal 1998, salvo una volta ha sempre vinto tutti i test elettorali, si è impadronito di tutto, dalla giustizia all’esercito, all’ente petrolifero, alla stampa , ha creato un partito di massa al suo servizio, il Partito Socialista Unificato del Venezuela (PSUV), colpito da un cancro ha mantenuto in modo ferreo il potere nonostante lunghi silenzi e assenze dal paese per curarsi. L’opposizione ha ragione quando lo accusa di aver ridotto il paese e Caracas uno tra i luoghi più pericolosi del mondo. A Caracas ogni fine settimana ci sono trecento morti ammazzati più che a Bagdad e Kabul, l’economia è a pezzi per le nazionalizzazioni fallimentari, il paese importa l’80% di quello che consuma, l’inflazione del 29% è la più alta del Sudamerica, spesso mancano beni di consumo, il paese si regge sulle entrate derivate dal petrolio, il Venezuela ha le più grandi riserve del mondo. Ma in questo quadro disastroso, perché vince? In parte lo spiega il giornale brasiliano Folha de S.Paulo”: “2.131.332 ragioni pro Chavez”, sono le persone che durante la presidenza di Chavez sono uscite dalla povertà. Le vecchie classi dirigenti avevano costruito uno stato profondamente ingiusto socialmente, Chavez con le “misiones”, medici e professori cubani, ha portato la sanità e l’istruzione nelle favelas pur miserabili del Venezuela. E Capriles lo ha capito e ha fatto un miracolo, in condizioni difficili ha creato l’unità dell’opposizione, presentandosi come uno che vuole migliorare gli aspetti sociali di Chavez nel rispetto della libertà, ma nell’economia di mercato. Capriles è giovane, 41 anni, capace ed esperto, sa che a dicembre si vota per i governatori, l’anno prossimo per i comuni, il 2019 non è lontano, nessuno nell’opposizione lo dice, ma tutti pensano quali sono le reali condizioni di salute di Chavez? Nessuno lo sa, lo sa solo Chavez, il tempo ci dirà la verità. |