Le opinioni sono diverse, anche se sono state espresse con toni moderati e sommessi. Il 2 e 3 dicembre, a Caracas, è nata la Comunità degli Stati Latino Americani e dei Caraibi, CELAC, formata da 33 stati, soli assenti gli Stati Uniti e il Canada, che non sono stati invitati, né fanno parte delle due aree geografiche, ma del Nord America. La nascita della nuova organizzazione doveva avvenire in luglio, ma è stata rinviata a causa della malattia di Chavez che è stato operato di un tumore a Cuba nel mese di giugno. Le due organizzazioni già esistenti, il gruppo di Rio e la CALC (Comunità America Latina e Caraibi), nelle due riunioni tenutesi nel 2008 nella Costa del Sauipe in Brasile e nel febbraio del 2010 a Cancun in Messico, avevano deciso di dar vita ad un nuovo organismo affidandone l’organizzazione al Venezuelano Chavez. In una zona militare, difesa da migliaia di soldati, Caracas è una delle città più pericolose del mondo, Chavez ha diretto e gestito la nascita del nuovo organismo con discorsi di tutti i rappresentanti dei 33 stati partecipanti. Per Chavez la CELAC è un fatto storico perché realizza il grande sogno di Simon Bolivar, che aveva lottato per l’unità di tutti i latino americani e i caribegni. È anche la fine dell’egemonia della Organizzazione degli Stati Americani, la OSA, comprendente 34 stati, esclusa Cuba. In vari interventi, Chavez ha ricordato tutte le malefatte e i crimini dell’ “impero”, come chiama gli USA, celebrando la nascita della CELAC come la seconda indipendenza dell’America Latina e dei Caraibi. I due grandi della regione, il Brasile e l’Argentina, hanno partecipato all’inaugurazione dei lavori venerdì 2 dicembre, ma poi sabato sia la Rousseff che la Kirchner, dopo essersi incontrate per risolvere l’ennesimo dissidio tariffario, sono ripartite per i rispettivi paesi. La situazione economica dell’Argentina diventa ogni giorno più complessa, in Brasile un nuovo ministro, il sesto, era sul punto di dimettersi sotto varie accuse di corruzione, cosa poi accaduta. Sabato Chavez ha portato a termine i lavori del vertice con la nascita della nuova organizzazione, approvando una serie di documenti. La presidenza provvisoria è stata affidata al cileno Sebastian Piñera, in una troika composta dallo stesso Piñera, da Chavez e da Raul Castro. Non essendo riusciti a trovare un accordo sul metodo di voto, l’organizzazione deciderà per “consenso”, cioè all’unanimità, in pratica ogni stato ha diritto di veto. Tra i documenti approvati, l’appoggio alla richiesta argentina di riavere le Malvinas Falkland, la condanna del blocco USA a Cuba, la solidarietà e l’aiuto ad Haiti, l’appoggio alla coltivazione e all’uso tradizionale della foglia di coca. Chavez ha voluto dimostrare non solo di essere guarito dal cancro, ma anche di essere in grado di fare da cerniera tra i Caraibi e l’America Latina, il tutto contro gli USA e la loro organizzazione, l’OSA. Ma, mentre Chavez e i suoi amici, Castro, Morales, Ortega e Correa, esaltavano il grande ruolo di integrazione politica ed economica della CELAC, sono subito partiti i distinguo. In una intervista, il ministro degli esteri cileno ha definito il neonato organismo un “Foro”, niente di più, il colombiano Santos affermava che l’integrazione portata avanti dalla CELAC non sarà contro la OSA , né contro altri, concorda con lui Antonio José Simoes, sottosegretario brasiliano per l’America Latina e il Caribe. Il giornale di lingua spagnola di Miami, El Nuevo Herald, ha parlato della CELAC scrivendo: “Molte parole, pochi fatti”. Molti opinionisti si domandano se c’era proprio bisogno di un nuovo organismo, dopo l’UNASUR, il MERCOSUR, il CAN e altre sigle internazionali senza conseguenze politiche. Secondo il noto latino americanista Oppenheimer, se la CELAC vorrà essere una cosa seria, dovrà cercare di fare accordi che facilitino l’integrazione economica della regione, come fecero gli europei dopo la seconda guerra mondiale. Come spesso nel passato, i leader latino americani si sono riuniti, hanno celebrato, lasciando per il futuro gli accordi concreti per ridurre le barriere doganali che tanto frenano lo sviluppo economico della regione. |