L’Ecuador e la Bolivia si sono sempre contesi il triste primato della instabilità politica in Sudamerica. In Bolivia convivono due realtà molto diversificate, la parte occidentale con la catena delle Ande, dove milioni di indios Aymara e Quechuas vivono di una agricoltura di sussistenza, in terreni dai 2000 ai 4000 metri. La parte orientale, formata da pianure e dalla Amazzonia brasiliana, abitata da bianchi, meticci e indios Guaranis, con ricche risorse minerarie e una forte realtà industriale. L’avvento di Morales, dopo molti contrasti e scontri durissimi, aveva realizzato una rivoluzione storica, la maggioranza indigena aveva conquistato il potere dopo secoli di duro sfruttamento. Morales, dopo aver piegato le opposizioni e instaurato un regime “stile Chavez”, dopo la vittoria nel referendum del gennaio 2009 per approvare la nuova costituzione, a dicembre è stato eletto di nuovo alla presidenza del paese. La nuova costituzione cambia il nome al paese, Stato Plurinazionale di Bolivia. Lo Stato Plurinazionale riconosce 36 etnie indigene con lingua e cultura proprie, più il Castigliano come lingue ufficiali del paese. Quechuas e Aymara sono le etnie più numerose, rappresentando rispettivamente il 32 e il 18%, su una popolazione di nove milioni e trecentomila abitanti, il resto sono Guarani, bianchi e meticci.
Il quadro sembrava forte e stabile, anche se negli ultimi mesi la popolarità di Morales era in sensibile calo. Paradossalmente è proprio in ambiente indigeno che si apre una crisi che appare, ad opinione anche degli osservatori sudamericani, molto seria e dagli sviluppi imprevedibili.
Il 15 agosto scorso centinaia di Indios iniziano dalla città di Trinidad una marcia fino a La Paz per fermare la costruzione di una strada sui loro territori, il Parco Nazionale del Tipnis; una strada che, unendo la regione del Chaparé al sud di La Paz, creerà un corridoio tra i due oceani, collegando il porto brasiliano di Santos nell’Atlantico con quello di Iqueque, nel Pacifico, strada molto importante data la mancanza di uno sbocco al mare del paese. La strada è finanziata dalla banca brasiliana BNDES. A Brasilia si sono accesi i fari sul paese, cosa che accade sempre quando gli interessi del Brasile vengono messi in discussione in qualche paese del Sudamerica. Il contrasto sulla costruzione della strada sembrava un altro capitolo del classico contrasto tra ambientalisti e chi dà la priorità allo sviluppo economico. La marcia prosegue per settimane, tra dichiarazioni di disponibilità del governo e la ferma opposizione degli indigeni. Ciò fino a domenica 25 settembre, quando una violenta azione della polizia si scatena sui partecipanti provocando feriti, arresti e forse la morte di un bimbo. La vicenda apre una nuova pagina nella storia della Bolivia. Chiesa Cattolica, sindacati, forze indigene, opposizione si uniscono per condannare la dura azione della polizia. Il ministro della difesa si dimette, ma non si trova chi ha dato l’ordine alla polizia. Morales, messo alle strette, condanna l’azione, promette un referendum e ferma la costruzione del tratto di strada in contestazione. Tutto invano, da varie parti, anche alleate fino a pochi giorni prima, si accusa di voler favorire i propri elettori e compagni di etnia. Senza remore, Morales viene accusato di voler costruire una strada che colleghi la regione del Chapare al sud, con l’obiettivo di favorire i coltivatori di foglia di coca. Morales è nato politicamente in questa zona, che, invece dei 7000 ettari ammessi ufficialmente, ne coltiverebbe 30.000 che andrebbero a rifornire il fiume di cocaina che invade il vicino Brasile. Non solo questo, la strada sarebbe lo strumento di “colonizzazione” dell’Amazzonia boliviana da parte dei milioni di poveri Quechua e Aymaras che vivono nelle fredde ed alte terre delle Ande. Il 91% degli indigeni che abitano il paese appartengono a queste due etnie.
I commentatori sudamericani dicono che si è rotta la base indigena del potere di Morales. Certamente gli antichi oppositori, sconfitti ma non domi, non perderanno l’occasione. Si è aperta una nuova pagina politica, Brasilia dice che la strada serve alla Bolivia, ma intanto gli Indios hanno ripreso a marciare.