Domenica 23 ottobre gli argentini hanno confermato quello che le primarie del 14 agosto avevano indicato già chiaramente con il 50,7%, la rielezione della presidente uscente Cristina Fernandez de Kirchner, adesso con un cospicuo 53,40% e di nuovo con la maggioranza nel Congresso.
Si apre una pagina inattesa e nuova per l’Argentina. La morte improvvisa di Nestor Kirchner il 27 ottobre dello scorso anno cambiava radicalmente gli avvenimenti che vedevano profilarsi l’uscita di scena di Cristina Kirchner per far posto all’altro della coppia presidenziale, come gli argentini chiamano i coniugi Kirchner. La sconfitta alle politiche del giungo 2009 che aveva portato il peronismo in minoranza nel Congresso, lo scontro perso con il mondo dell’agricoltura, la crescente discesa di consensi , avevano preparato il ritorno di Nestor per le elezioni presidenziali e politiche del 2011. Nestor Kirchner, eletto in modo strano nel 2003 al secondo turno, dopo il ritiro di Menem, aveva saputo governare con abilità e fermezza il paese uscito dal baratro pauroso della bancarotta dell’Argentina del 2001, conquistando una non piccola popolarità, cosa che gli avevano consentito di far eleggere la moglie Cristina nel 2007.l’improvvisa scomparsa dell’ex presidente scatena nel paese una ondata di commozione vasta e sentita. La potente macchina organizzativa del partito peronista si scatena celebrando e ripescando le mitologie e i riti dei Peron, Juan ed Evita, portando in poco tempo Nestor Kirchner nel Pantheon del peronismo. Con grande abilità, Cristina veste e gestisce il ruolo di vedova inconsolabile. Il lutto stretto nel vestire, i suoi discorsi sempre interrotti dal pianto per Nestor in poco tempo cambiano il sentire degli argentini che smettono di vedere in Cristina una donna arrogante, prepotente, sempre costosamente imbellettata. Cristina in qualche mese diventa personaggio politicamente autonomo, capace di continuare l’opera politica del peronismo del XXI secolo nella versione Kirchneriana. Già a febbraio i sondaggi danno Cristina, come cerca di farsi chiamare per darsi un tono familiare e popolare, per vincente al primo turno. Le opposizioni dicono che, finita l’emozione per la morte dell’ex presidente, gli argentini vedranno tutta la realtà negativa del paese. Vi sono però due fattori che lavorano per confermare la prospettiva positiva della Kirchner, la divisione delle opposizioni e l’economia.
Le opposizioni che avevano battuto la “coppia presidenziale” nel 2009 non hanno saputo lanciare un candidato unico ed unificante. La vecchia Unione Civica Radicale ha pensato di sfruttare il nome prestigioso di Raul Alfonsin, primo presidente dopo la caduta del regime militare, lanciando la candidatura del figlio Ricardo. I peronisti dissidenti, riuniti nella sigla “Peronisti Federali”, hanno pensato di ripescare il vecchio Duhalde, già presidente i mentore della elezione di Nestor Kirchner nel 2003.la stella nascente del socialismo argentino ha pensato di puntare sulla onestà amministrativa del nome nuovo del sindaco di Santa Fe Hermes Binner. Più prudente è stato un altro delle promesse politiche argentine, il sindaco di Buenos Aires Lucio Macri, che ha rinunciato alle presidenziali per dedicarsi alla riconferma alla guida della città, cosa poi avvenuta. La risposta degli argentini alla incapacità delle opposizioni è stata chiara già nelle primarie, un distacco di più di 35 punti tra la Cristina e il primo degli oppositori. Questa scelta è stata confermata con piccole varianti domenica 23. L’altro elemento che ha aiutato Cristina a vincere è stata l’economia che va bene. Il paese, uscito paurosamente impoverito dalla crisi di fine secolo, ha ripreso a crescere di circa l’8,6% quest’anno. Le esportazioni vanni bene, la Cina e il Brasile sembrano partners solidi e certi. Questo permette alla presidente una politica di sovvenzioni e di sostegno a vasti settori della popolazione. I servizi ricevono aiuti e i prezzi sono bloccati. Il sisma economici del default ha prodotto un fenomeno che prima gli argentini andavano a vedere in Brasile, le favelas. A Buenos Aires circa 200000 persone vivono in 14 borgate dove regnano violenza e miseria. Il governo argentino è intervenuto in queste aree disagiate con programmi sociali che ricordano la “Bolsa Familia” brasiliana. Il governo argentino è intervenuto in queste aree disagiate con programmi sociali che ricordano la “Bolsa Familia” brasiliana. infatti l’”Ajuda Univeral por Filho” aiuta tre milioni e seicentomila bambini con un contributo mensile di 63,6 dollari, in agosto Cristina ha dato un aumento del 22,7%. Ma questa politica di spesa populista di vaste proporzioni è messa in discussione dagli economisti più attenti ed indipendenti. A far discutere è ancora la questione della credibilità dell’INDEC, l’ente di stato che fornisce dati ed indicatori economici; secondo questo ente l’inflazione è al 9%, mentre per le agenzie private è al 30%, alcune di queste sono state minacciate e anche multate. Gli stessi indici della crescita economica sono messi in discussione. Nei mesi scorsi vi è stata una timida disponibilità del presidente del FMI, Cristine Lagardex, a dialogare con le autorità argentine sugli indici economici, la risposta è stata di sprezzante nazionalismo: “le politiche economiche argentine si decidono presso la Casa Rosada e nel Congresso”. Il tutto spinge molti a ritenere che l’Argentina non possa sostenere a lungo una spesa che impegna ben il 39% della spesa dello stato nella politica sociali. Le esportazioni, espedienti come la nazionalizzazione delle pensioni private, indebitamenti di ogni tipo, i pericoli nel cambio che vede crescenti fughe di capitali all’estero, l’isolamento finanziario internazionale per la crisi del passato, sono tutti elementi che possono portare di nuovo il paese nel baratro. Molti ricordano il DNA autoritario del peronismo, gli ultimi due anni hanno visto ogni tipo di offensiva contro la libertà di stampa, oltre a vari fenomeni di corruzione come quello che ha toccato la prestigiosa associazione delle “Madres de Plaza de Mayo” da tempo vicina al peronismo. Alcuni ricordano quello che disse Borges, il più grande intellettuale e poeta argentino, del peronismo: “ Il lascito di Peron è penoso. In tre mandati presidenziali ha impoverito l’iniziativa privata, prodotto inflazione, aggredito l’opposizione, attaccato la stampa, corrotto i sindacalisti”. I maligni dicono che Borges sembra che parli dei tempi della “coppia presidenziale”. |