In questi giorni il mondo sta assistendo al duro confronto tra Obama , i Democratici e i Repubblicani. Alla fine, sulla vitale materia del debito si è trovato l‘accordo, bisognerà vedere se lo stesso accadrà nel campo della politica da adottare verso l’America del Sud. Pochi giorni fa, nel Comitato per gli Affari Esteri del Congresso, la maggioranza repubblicana ha approvato due emendamenti. In uno ha deciso di togliere ogni aiuto finanziario a Argentina, Venezuela, Nicaragua, Ecuador e Bolivia. Nell’altro ha tagliato totalmente il contributo di 48 milioni di dollari alla Organizzazione degli Sati Americani (OSA). Il rappresentante repubblicano, Connie Mack, eletto in Florida, ha detto che in tempi difficili gli USA non si possono permettere di finanziare organizzazioni che non lavorano per gli interessi degli Stati Uniti. Il deputato Eliot Engel, esponente dei Democratici nel Sottocomitato per gli Affari del’Emisfero Occidentale, ossia per l’America Latina, ha definito la posizione repubblicana “stupido isolazionismo”. Certamente gli emendamenti non passeranno al Senato, dove i Democratici sono in maggioranza, ma ha aperto un forte dibattito nel mondo politico e tra i commentatori sulla situazione degli USA nell’area delle due Americhe, Centrale e del Sud. I Democratici hanno fatto presente che abbandonare l’OSA significherebbe lasciare l’unica organizzazione interamericana dove sono presenti gli USA. L’America del Sud manda sempre più segnali di voler prendere le distanze dagli Stati Uniti. L’UNASUR (Unione delle Nazioni dell’America del Sud) voluta dal Brasile, ha celebrato con grandi progetti per il futuro i suoi tre anni di vita. Il MERCOSUR (l’unione doganale tra Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay),pur con molte difficoltà, è ormai un’area consolidata di relazioni economiche e politiche. Per non dire dell’ostile ALBA (Alleanza bolivariana per le Americhe) di uno Chavez che ha come sua bandiera l’avversione e la lotta agli USA. Il tradizionale pragmatismo nordamericano ha fatto ricordare alcuni dati economici. Gli Stati Uniti sono passati nell’ultima decade dell’essere responsabili del 55% delle importazioni dell’America Latina, al 32% dei nostri giorni, gli investimenti USA nell’ area sono scesi negli ultimi cinque anni dal 25% al 17% del totale. Nel passato gli USA, viene ricordato,avevano una strategia verso la regione, la kennediana Alleanza per il Progresso, l’Iniziativa per le Americhe, l’Area del Libero Commercio delle Americhe, l’ALCA di Bush, adesso Obama, nonostante mantenga grandi simpatie in America Latina, non ha progetti né proposte.
Ma, se gli Stati Uniti lasciano terreno in Sud America, c’è chi riempie questi spazi, la Cina, il grande gigante asiatico sta diventando il socio economico principale di molte nazioni sudamericane e sta cominciando ad emergere come grande investitore. Uno studio di giugno della Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi delle Nazioni Unite ha registrato nell’anno scorso investimenti per 15 miliardi di dollari, duplicando così gli investimenti cinesi negli ultimi venti anni. La Cina ha inoltre comunicato che i suoi investimenti per il 2011 saranno di 22 miliardi e settecento milioni di dollari. L’America Latina ha una grande abbondanza di risorse naturali, petrolio, rame e terre coltivabili e cerca investimenti per poterle sfruttare. La Cina ha bisogno di materie prime per mantenere la crescita della sua economia. Ha tremila miliardi di dollari da investire a questo scopo e lo ha fatto abbondantemente in Asia, Africa e adesso in America del Sud. Paesi come l’Argentina o l’Ecuador fuori dai mercati finanziari mondiali per i loro default, hanno trovato nella Cina un generoso finanziatore. Chavez ha dichiarato di essere “innamorato della Cina”, con i larghi finanziamenti concessigli in cambio di petrolio potrà avere quelle risorse finanziarie necessarie in vista della campagna presidenziale del prossimo anno. Ma non tutto oro quello che luccica nel rapporto Cina Sudamerica. Molti osservatori richiamano l’attenzione sul fatto che, se il Sudamerica continuerà ad esportare materie prime, ritarderà il suo sviluppo industriale. Si fa notare che i cinesi si fanno pagare molto bene i loro prestiti, l’Ecuador ha pagato il 6.9% di interesse, tasso molto più alto di quello in vigore nel resto del mondo. Molti sono preoccupati per il fatto che la Cina non importa solo materie prime, ma sta cominciando anche a comprare società ed industrie. I brasiliani hanno già visto la loro fiorente industria di scarpe messa in grosse difficoltà dai cinesi.
Certamente gli USA hanno campi in cui contrastare la crescente penetrazione della grande potenza asiatica, ad esempio con la scienza e la tecnologia e la ricerca scientifica. Bisognerà vedere nei prossimi anni se gli USA lo vorranno o avranno le risorse per poterlo fare. |