Brasile & Sud America
 
 
BRASILE (BRASILIA)  
Prima grande crisi della Presidenta del Brasile.
di Roberto Lovari
In queste due ultime settimane si è aperta una pagina politica con scenari dagli sviluppi imprevedibili per Dilma Rousseff, presidente del Brasile. Eletta al secondo turno il 31 di ottobre dell’anno scorso con ampio margine, con l’abile regia del suo mentore Lula, sembrava destinata a proseguire i successi del suo predecessore. Infatti la cosiddetta “Luna di miele”, ossia i primi cento giorni di presidenza, era andata benissimo, i sondaggi la davano ai livelli di Lula ad inizio secondo mandato, qualcuno già parlava di una Dilma migliore del suo padrino politico. Certamente il suo stile contenuto e parco nelle presenze e negli atteggiamenti, la sua volontà di difendere i diritti civili sui quali spesso Lula era stato attaccato, le avevano fatto avvicinare ambienti e classi sociali non amanti del populismo moderato di Lula. Il suo atteggiamento fermo e distaccato sembrava in grado di tenere a bada le turbolenze e gli appetiti clientelari della sua ampia maggioranza nei due rami del Parlamento, 400 deputati su 512 e 51 senatori su 81. L’economia andava bene nonostante qualche preoccupazione sull’inflazione e il quadro politico sembrava sotto controllo. L’opposizione divisa non era in grado di creare problemi. Ma, martedì 24 maggio, il progetto del Governo sul “codigo florestal”, una legge per definire le percentuali di territorio da preservare allo stato naturale nelle aziende agricole, non solo è stato battuto alla Camera, ma ciò è avvenuto attraverso l’alleanza di parte della maggioranza con l’opposizione. Il “codigo florestal” era in discussione da anni, un emendamento approvato a larga maggioranza ha praticamente amnistiato tutti coloro che hanno allargato le loro attività agricole oltre il consentito dalle leggi. Il rappresentante del Governo non ha esitato a far conoscere la contrarietà di Dilma Rousseff e la minaccia di non firmare la legge utilizzando le facoltà presidenziali. La maggioranza filo agricoltori è andata avanti approfittando anche della vicenda del ministro Antonio Palocci.
Ministro della “casa civil”, Palocci, già ministro della fazenda, cioè dell’economia, sotto Lula era una specie di sottosegretario alla presidenza italiano, con l’incarico di coordinare i rapporti con i partiti della maggioranza e soprattutto di supervisore della distribuzione di quella immensa fetta di potere che in Italia chiamiamo “sottogoverno”. A metà mese l’autorevole Folha de Sao Paulo aveva scritto che Palocci in quattro anni, cioè dal 2006 ad oggi, aveva moltiplicato per venti il suo patrimonio personale. I due fatti hanno aperto una fase politica che ha messo in mostra che sotto le apparenze la Dilma è debole, perché non ha il rapporto giusto con il suo vice, che è il leader del PMDB, e che non è capace di tenere a bada il turbolento PT, il suo partito, come riusciva sempre a fare Lula. La comparsa di Lula a Brasilia non è stata sufficiente a calmare le acque della crisi. L’opposizione ha chiesto varie volte in tutti i livelli istituzionali che Palocci fosse chiamato a dare spiegazioni. Difesa tiepida della maggioranza di governo, addirittura la direzione nazionale del PT, nel documento uscito dopo una sua riunione, nemmeno spende una parola in difesa del ministro più importante che il partito ha nel Governo della Presidente Rousseff. Gli osservatori ricordano come Palocci abbia nemici agguerriti nel PT di San Paolo. Alla fine Palocci decide di dare le spiegazioni richieste con un’intervista alla televisione Globo. La maggioranza ufficialmente dice che il ministro è stato chiaro ed esauriente, ma già nel suo ambito si è aperta la discussione sul suo successore. Difficile prevedere la conclusione della crisi, certo è che la Rousseff dovrà scendere dal suo piedistallo e seguire personalmente le turbolenze della sua maggioranza, grande certamente, ma anche fortemente divisa e sempre più decisa a rivendicare i suoi spazi contro la stessa Presidenta della Repubblica.

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