L’anno 2010 è stato sicuramente un anno di sorprese per quest’area geografica di circa 400 milioni di abitanti con una superficie quasi doppia di quella dell’Europa, ossia 1.817.087. Per un continente a lungo associato ad arretratezza economica, instabilità politica, forti sperequazioni sociali, con alle spalle un mondialmente disastroso 2009 , le risposte sono state decisamente positive. All’insegna della stabilità l’area geografica ha ottenuto diminuzioni del Pil decisamente inferiori all’area USA ed europea, senza crisi di rilievo nel mondo bancario e finanziario, il tutto grazie ad una forte ripresa nella seconda pare dell’anno 2010. Certamente a questi scenari hanno contribuito la crescente espansione della domanda e dei prezzi delle materie prime. È chiaro che questo non sarebbe stato sufficiente se nell’area non si fossero anche creati fenomeni di modernizzazione e di stabilizzazione delle finanze pubbliche. Il Brasile, paese in cui il debito estero ha lasciato una profonda e dolorosa traccia, non solo ha 250 miliardi di dollari di riserve, ma si è dato anche la soddisfazione, fornendo un prestito al FMI, di diventare creditore internazionale. Il Brasile, data l’ampiezza del suo PIL, 1600 miliardi di dollari, l’ottava potenza economica mondiale dopo l’Italia, giocherà un ruolo determinante per tutta l’area dell’America Meridionale. L’enorme quantità di materie prime, aumentate recentemente con la scoperta di immensi giacimenti petroliferi off-shore, un apparato manifatturiero in espansione, un grande dinamismo nei consumi interni sostenuti da politiche sociali, ma anche da sane politiche economiche e monetarie, consentono al Brasile di essere la locomotiva del Sud America. Anche l’Argentina si sta riprendendo lentamente dal baratro del default del 2001, hanno aiutato molto l’aumento dei prezzi e della produzione agricola per l’esportazione. Pesa sul paese l’isolamento dai mercati internazionali, il default del 2001 e la recente nazionalizzazione dei fondi pensione. Bene anche il Cile (nonostante il terremoto del febbraio del 2010) grazie ai grandi acquisti di materie prime fatte dalla Cina e al governo che attua politiche economiche molto oculate. Di segno positivo anche le economie di Uruguay, Perù e Colombia. Di segno diverso è la situazione in Venezuela che sarà l’unico paese a mettere un segno negativo al proprio PIL. Le crisi interne, l’inflazione, l’inefficienza della struttura statale aggravano la situazione di un paese che basa sempre più la sua economia sull’esportazione del petrolio. In Ecuador, dove Correa, fan di Chavez, ha dichiarato nel 2008 il default su alcuni titoli, se ne prevedono altri per il futuro. Pertanto le proiezioni della Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi delle Nazioni Unite, CEPAL, danno per la regione una crescita del 4,2% per il 2011, contro il 6% dell’anno passato. Ma, accanto ai dati positivi del CEPAL, vi è anche uno studio della Banca Mondiale dal titolo: “al di là della prosperità e delle crisi”, che pone domande di grande importanza. È vero, dice lo studio, l’esportazione di materie prime salvarono l’America Meridionale dai danni della crisi finanziaria mondiale e possono dar vita ad un lungo periodo di crescita. Vari paesi ricchi, includendo Canada, Australia e Nuova Zelanda, hanno dimostrato che paesi esportatori di materie prime possono arrivare nel mondo sviluppato, e molti paesi sudamericani potrebbero ottenere lo stesso risultato. Ma a medio e lungo termine ci sono fenomeni negativi che potrebbero colpire la regione. Invece di usare l’attuale ciclo di crescita economica per investire in infrastrutture, educazione e innovazione o in altre aree che permetterebbero di diversificare le esportazioni, la maggioranza dei paesi sudamericani stanno dilapidando le entrate in sussidi ai consumatori, mentre diventano sempre più dipendenti dalle materie prime. Negli ultimi dieci anni, l’esportazione di materie prime dell’America Latina sono passate dal 27% al 39% del totale della regione. È inquietante, dice Osvaldo Rosales, direttore del commercio internazionale della CEPAL, perché il boom delle esportazioni di materie prime tende a produrre meno impieghi duraturi delle esportazioni più sofisticate. Il giornale spagnolo di Miami, El Nuevo Herald, ha pubblicato a fine dicembre un articolo che dovrebbe preoccupare il nord del mondo sviluppato, ma particolarmente l’America del Sud. In una economia globale basata sul sapere, in un test scolastico promosso dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, OCSE, chiamato PISA, Shangai ha ottenuto il primo posto.
Nel campo della comprensione dei testi la Corea ha conquistato il secondo posto, gli USA il 17, il Cile il 44°, l’Uruguay il 47°, il Messico il 48°, il Brasile il 53°, l’Argentina il 58° e il Perù il 63°. In una economia globale basata sul sapere il PISA viene ritenuto uno strumento valido per sapere quali siano i paesi più avanzati per avere scienziati e tecnici e per produrre prodotti sempre più sofisticati. Altro dato su cui riflettere è quello della registrazione dei brevetti internazionali. La Corea arriva a 8800, gli USA a 83400, e i sudamericani? Nel 2009 il Brasile ne registrò 103, il Messico 60, l’Argentina 45 e il Cile 21.
Per concludere si assiste ad una crescente diminuzione di studenti latinoamericani nelle università USA, mentre aumentano quelli provenienti dai paesi asiatici. |