I mesi di settembre e ottobre hanno visto il consolidarsi in America del sud di due tendenze politiche, una di stabilità, che trova nel Brasile il suo esempio più significativo, quella della instabilità in ogni senso nel Venezuela, Bolivia e Ecuador. Certamente oltre alle elezioni del 3 di ottobre in Brasile, con la prova di maturità democratica , vi erano state anche le elezioni in Colombia e in Cile dove vi era stata addirittura la vittoria dello schieramento opposto con il successo di un presidente di centrodestra , dopo un ventennio di maggioranza centro-sinistra. SI erano appena spente le luci sulle controverse elezioni venezuelane, dove Chavez, con trucchi elettorali, aveva conservato la maggioranza in Parlamento pur avendo preso meno voti, quando è scoppiata una grave crisi in Ecuador, paese che per due secoli ha conteso e contende vari primati negativi con la Bolivia. Uno è quello dell’instabilità politica e della brevità delle presidenze. Dal 1997 si sono avuti ben 13 presidenti di cui ben tre, eletti democraticamente, non hanno portato a termine il mandato ricevuto. Il caso più paradossale, quello di Abdallà Bucanam, deposto dall’assemblea nazionale dopo essere stato dichiarato “malato di mente”. Ma l’Ecuador non si è solo distinto per crisi economiche e politiche, di mobilitazione di piazza, sollevazione di popolazioni indigene, ma anche per gli scontri con gli Stati vicini. L’ultimo con il Perù si è chiuso definitivamente con la pace firmata nel 1998, nel 1941, nella ennesima guerra con il vicino, aveva perso ben 100.000 km², gli USA e il Brasile imposero un armistizio, nel mondo era scoppiata la seconda guerra mondiale. Sembrava che l’elezione del giovane Rafael Correa alla presidenza nel 2006 fosse in grado di iniziare un periodo più tranquillo per il paese. Personaggio dal curriculum di elevato livello, con varie lauree e dottorati in economia nel mondo, compresi gli Usa dove ha vissuto per anni, ma dove il padre ha subito il carcere per traffico di stupefacenti. Tornato dagli USA, dopo un breve periodo come ministro, è stato eletto con un chiaro programma di estrema sinistra. Un giorno, prima di entrare in carica, va nelle Ande dove riceve, in una cerimonia tenuta in lingua Quechua , la lingua degli indigeni dell’impero Inca, il “Bando de mando”ovvero lo scettro del comando delle popolazioni indigene, fa una “ Limpieza spiritual”, una cerimonia di purificazione spirituale secondo l’antica religione degli indigeni precolombiani. Assistono alla cerimonia Chavez e il boliviano Morales. I mesi e gli anni che seguono sono di scontro e di tensione con l’opposizione, con le forze economiche, con la stampa, con le società petrolifere con gli Usa. Viene rieletto nel 2009 e, come aveva già annunziato, non rinnova la concessione della base di Malta utilizzata dagli Stati Uniti per combattere il denaro del narcotraffico. Il forte spirito anti Usa risulta un po’ paradossale se si pensa che la moneta ufficiale usata è il dollaro, il dollaro Usa.. Fu adottato nel 2000 per vincere l’inflazione e nessun presidente si è sentito di toglierlo . Pur in mezzo a grandi tensioni, Correa aderisce all’Alba, l’alleanza bolivariana per le Americhe di Chavez, e porta avanti quella che lui chiama la “rivoluzione cittadina”. Questo fino al 30 settembre, quando scendono in piazza le forze di polizia per protestare contro i tagli vigorosi praticati da Correa sulle loro già magre retribuzioni. Correa li affronta in modo teatrale, viene ferito dal lancio di un candelotto lacrimogeno e viene portato in ospedale, dove è assediato dai poliziotti a cui si sono aggiunti anche decine di militari che hanno anche bloccato l’aeroporto internazionale. L’esercito si è schierato subito con Correa, lo libera e ristabilisce l’ordine e il governo dichiara lo stato d’assedio. I tagli apportati agli stipendi hanno una origine chiara , la grave situazione economica del paese.
Dopo anni di successi economici, la crisi del prezzo del petrolio, l’inefficienza della spesa dello Stato, il massimalismo di Correa hanno prodotto un deficit nel 2009 pari al 5,5% del Pil. La politica economica portata avanti ha spaventato gli investimenti stranieri e le società petrolifere, la produzione di Commodity è diminuita, il paese dipende da prestiti internazionali e dalle entrate del petrolio, nel 2008 Correa ha fermato i pagamenti ai creditori esteri. Appena ripreso il controllo della situazione, Correa ha subito scatenato un’ondata di arresti accusando i poliziotti di aver tentato un colpo di Stato e accusando l’ex presidente Lucio Gutierrez di essere l’organizzatore. Gli osservatori si sono subito domandati se Correa farà come Chavez, che dopo il mancato colpo di stato nel 2002 radicalizzò le sue posizioni politiche, oppure si modererà. La risposta a questa domanda si trova in un articolo pubblicato il nove di ottobre dal giornale di Quito Diario Hoy. Il titolo dice già tutto: “il governo reagisce alla sollevazione con una svolta a sinistra”, l’articolo segue riportando le dichiarazioni di Rene Ramirez, ministro della pianificazione e dello sviluppo, “dobbiamo avere un governo molto più progressista, molto più collocato a sinistra”. Questo significherà tra l’altro molti più espropri di terra e indurimento dei tentativi di sottomettere la stampa alle direttive del governo attraverso vari strumenti. Il piccolo Ecuador torna alla instabilità, i due milioni di suoi cittadini emigrati all’estero, su 13 milioni di abitanti, che mandano le loro rimesse in patria sono i primi ad essere preoccupati per i loro risparmi.
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