Già nei primi giorni di luglio si annunciava una acutizzazione delle tensioni tra Venezuela e Columbia. Uribe parlava di presenze di terroristi delle FARC (Forze Amate Rivoluzionarie della Colombia) e del ELN (Esercito di Liberazione Nazionale) in territorio venezuelano, gli rispondeva Chavez minacciando la rottura delle relazioni diplomatiche. Il primo decennio del secolo 21º aveva visto crescere nei due paesi le due personalità, ambedue forti e decise, schierate su fronti profondamente diversi, di centrodestra Uribe in guerra contro la guerriglia di sinistra, Chavez determinato a succedere a Fidel Castro quale leader delle sinistre radicali e dello spirito anti nordamericano in tutta l'America Latina. Si sono alternati tentativi di collaborazione e rotture come quando Uribe autorizzò Chavez a mediare con le FARC. Uribe mise fine alla mediazione quando scoprì che Chavez voleva avere rapporti “diretti “ con i vari generali colombiani. Uribe assorbito dieci tentativi di assassinio, uno che andò molto vicino alla meta fu realizzato con un lanciarazzi di fabbricazione svedese. La Colombia chiese spiegazioni alla Svezia a chi avesse venduto quei lanciarazzi, al Venezuela fu la risposta. Per non parlare delle crisi nel marzo del 2008 quando la Colombia bombardò una base delle Farc in territorio dell’Ecuador, eliminando il responsabile internazionale di questa organizzazione, Reyes, riuscendo inoltre ad impadronirsi dei suoi computers, Ciò fino all'anno scorso quando Chavez “congelò” le relazioni con la Colombia a causa del nuovo accordo con gli Usa per la concessione di otto basi per la lotta ai trafficanti di droga. Ma questo fino a giovedì 22 luglio quando in una riunione dell’Organizzazione degli Stati Americani, convocata su richiesta della Colombia, l'ambasciatore di Uribe, Luis Alfonso Hoyos, prende la parola parlando un’ora della presenza in territorio venezuelano di ben 1500 guerriglieri delle Farc e dell’Eln distribuiti in vari campi mostrati in una mappa geografica , il tutto naturalmente con la compiacenza delle autorità venezuelane. La risposta è pronta e chiara, rottura delle relazioni diplomatiche. Mentre Chavez fa l'annunzio della rottura gli è accanto sorridente Maradona, ex grande cocainomane, grande evasore fiscale in Italia, castrista e autore in Argentina di dichiarazioni di grande volgarità alla televisione. Chiaramente diverse, anche se tutte preoccupate, le dichiarazioni dei vari Stati americani, per non dire della crisi scaturita anche all'interno della stessa Organizzazione degli Stati Americani, Jose Miguel Insulza, segretario generale dell’organizzazione, respinge le critiche del ministro degli esteri dell'Ecuador che lo aveva accusato di non aver saputo gestire la crisi. Gli Usa, che hanno nella Colombia il loro alleato più fedele in America del sud, sono scesi in campo il giorno dopo con una dichiarazione del DIpartimento di Stato in cui chiede che le accuse della Colombia vengano verificate, è una cosa seria e preoccupante e deve essere oggetto di una indagine approfondita. Perplesso è parso Lula che ha dichiarato di trovare”strana una crisi a pochi giorni dall’entrata in carica del nuovo presidente della Colombia, Santos, il 7 agosto”. Lula ha detto che tenterà di risolvere la crisi recandosi a Caracas il sei e il sette agosto a Bogotà. Molti osservatori brasiliani sono curiosi di vedere i risultati che riuscirà ad ottenere il presidente brasiliano dopo il fallimento della missione in Medio Oriente e la figuraccia della mediazione nella vicenda della bomba atomica iraniana. Lula vuole tenere fuori gli Usa dalla vicenda per tentare di affermare perlomeno una leadership regionale. Una telefonata del presidente brasiliano a Chavez, ha ottenuto che la vicenda venga esaminata nell'ambito della neonata Unione delle Nazioni del l’America del Sud (UNASUL), di cui non fanno parte né gli Usa né in Canada. Il presidente di turno dell'UNASUL, l'ecuadoregno Correa, ha convocato una riunione per i prossimi giorni. Per Chavez la nuova crisi è una grande opportunità da spendere in occasione delle decisive elezioni legislative del 26 di settembre. Da sempre il patriottismo e il nazionalismo portano voti. Certamente i sondaggi non sono positivi, secondo l'impresa HINTERLACES se le elezioni si celebrassero oggi il 28% dei venezuelane voterebbe per l'opposizione, il 27 per i candidati appoggiati da Chavez, il 22% per candidati indipendenti, il resto è indeciso. Ma Chavez è tranquillo, la recente riforma della legge elettorale assegna la maggioranza dei deputati agli Stati dove lui è sicuramente vincente. L'opposizione potrebbe prendere anche più voti, ma sarà lo stesso in minoranza nel futuro Parlamento. È la nuova democrazia del “Socialismo del XXI secolo”. |