La crisi crescente non solo della realtà politica, ma anche dell’economia produce situazioni che potrebbero essere viste come vicende ridicole, come ad esempio l’arresto l’altra settimana di decine di macellai, ma che in realtà sono lo specchio di una situazione che si aggrava sempre di più. In Venezuela lo stato fissa i prezzi di alcuni generi alimentari e il tasso di cambio del bolivar (la moneta locale) con il dollaro. Per tentare di contenere l’inflazione Chavez rivaluta all’inizio dell’anno la moneta venezuelana di un trenta percento circa imponendo nel contempo il prezzo di molti prodotti alimentari anche importanti. Di fronte al trasferimento di parte della svalutazione sul prezzo della carne (importata per il 70% dall’estero) i macellai sono caduti nelle maglie dell’ INDEPABIS (Istituto di difesa della persona e dell’accesso ai beni e ai servizi), ovvero l’organismo di difesa dei consumatori di Chavez che ne ha fatto arrestare alcune decine. L’accusa è di speculazione, rilasciati dovranno firmare nei commissariati in attesa del processo nel quale potrebbero essere condannati dai due ai sei anni di prigione. Molti hanno riaperto, ma senza vendere carne, correndo però il rischio di essere denunciati per boicottaggio dell’offerta di alimenti, come ha dichiarato Amira Djermano direttrice dei controlli dell’INDEPABIS.
La Camera di Commercio di Caracas ha condannato duramente l’arresto e il trasferimento in caserme militari di persone semplici come i macellai, il vero obiettivo è di por fine al libero commercio e arrivare come a Cuba alla tessera annonaria. Un altro tentativo di Chavez di fronteggiare la crisi economica, la crisi energetica e la svalutazione che rischiano di creargli seri problemi il 26 di settembre quando si voterà per rinnovare l’Assemblea Nazionale. Chavez vuole riportare per lo meno i due terzi dell’Assemblea per potersi sentire sicuro nel 2012 quando si voterà per il Presidente della Repubblica.
La settimana scorsa, durante una visita a Lula in Brasile, i giornalisti brasiliani gli hanno posto la domanda quando lascerà la presidenza. Dopo un momento di sorpresa Chavez ha risposto che in Spagna il re ha una carica vitalizia e il presidente del Consiglio può essere rieletto senza limiti. “Non ho in previsione di lasciare il potere, né c’è in atto un processo di successione, il mio partito, il PSUV (Partito Socialista Unificato del Venezuela), non ha ancora scelto il candidato per il 2012”. Mentre dice questo però circa 3000 candidati del suo partito domenica sono andati a votare nelle primarie per scegliere i candidati per il 26 settembre. È stata la risposta di Chavez alla scelta fatta il 24 e 25 aprile dal MUD (Mesa de la Unidad Democratica), l’organizzazione dell’opposizione che raccoglie 12 partiti nazionali e 40 regionali, dei candidati per le elezioni di settembre. Questa volta l’opposizione non farà come nel 2005, quando non si presentò a causa della mancanza di garanzie democratiche, con il risultato è stato di lasciare tutto il potere a Chavez che nel 2007 e nel 2008 si è fatto votare leggi che gli hanno consentito di legiferare per fare grandi nazionalizzazioni nel campo petrolifero, telefonico, siderurgico ed elettrico.
Il presidente venezuelano sa che la partita questa volta non è già decisa come nel passato; con un prestito dalla Cina di 20 miliardi di dollari ha riempito le casse per anticipare al primo maggio invece che a settembre l’aumento del salario minimo continuamente eroso dall’inflazione.
Agli osservatori brasiliani, non meno attenti dei nordamericani, non sono sfuggile le denunce fatte dal generale in pensione Antonio Rivero, che salvò Chavez nel colpo di stato del 2002, di “cubanizzazione” delle forze armate venezuelane. La denuncia è per lo meno il segno di un disagio latente all’interno delle forze armate. Chavez ha risposto che i 60.000 cubani presenti in Venezuela svolgono un lavoro di assistenza sociale e culturale. Sono presenti anche in alcuni ambienti militari per la loro comprovata esperienza nelle “guerre asimmetriche”. Alcuni hanno paragonato i cubani all’esercito russo nei paesi dell’est durante la guerra fredda. Ma Chavez non cura solo l’indottrinamento e il controllo dell’esercito, istruttori sicuri e fidati addestrano la milizia bolivariana, un corpo paramilitare di fedeli di Chavez che presto arriverà a contare 200.000 uomini ben armati. In caso di movimenti militari, al grido “socialismo o morte” dovranno difendere la rivoluzione bolivariana e il suo capo, Hugo Chavez. |