Nonostante la lontananza e le diversità geografiche, il Cile è largo al massimo 175 km., ma è lungo ben 4300 chilometri, le vicende politiche cilene hanno appassionato molto gli italiani. Chi non ricorda le strade e le piazza italiane l’11 settembre del ’73 piene di gente che protestava contro il colpo di stato del generale Augusto Pinochet che aveva abbattuto il presidente socialista Salvador Allende? Per anni la condanna della dittatura cilena ha fatto parte della vita politica del nostro paese. Berlinguer fu spinto anche dalle conseguenze della radicalizzazione tra destra e sinistra della vita politica cilena a formulare la nota politica del “compromesso storico”, ovvero l’incontro delle grandi forze politiche del paese per dare vita a una stagione di trasformazioni senza grandi rotture politiche e sociali. Ma se in Italia si sa tutto sulle violenze seguite alla presa del potere da parte dei militari, poco o nulla si conosce della politica economica portata avanti da Pinochet che ebbe come basi teoriche le tesi economiche elaborate dalla scuola di Chicago, i “Chicago Boys”, tra cui il Nobel Milton Friedm.
Vi fu certamente un costo sociale altissimo, ma l’inflazione che nel ’73 di Allende era del 50% scese al 10%, il paese godette di una crescita del 7% annuo. Pochi, anzi pochissimi, parlano del ritorno indolore alla democrazia. Pinochet perse il referendum da lui indetto nel 1988 per rimanere al potere per altri cinque anni, nell’89 si votò e ritornò la democrazia con la vittoria del presidente Patricio Aylwin, espressione della “Concertacion de Partidos por la Democracia” , un’alleanza di democristiani, socialisti, socialdemocratici e radicali. L’anno dopo la “Concertacion” vinse le elezioni politiche inaugurando un ventennio di vittorie politiche e presidenziali.
Mantenimento della politica economica precedente e forti misure sociali consentirono al Cile di ridurre la povertà dal 45 all’11% con una crescita annua del 5%. Il Cile è divenuto il paese più ricco dell’America Latina e il meglio attrezzato ad affrontare la crisi economica di questi tempi secondo la CEPAL, l’organismo economico dell’ONU per l’America Latina.
I successi economici non sono serviti però a fermare un fenomeno di logoramento delle forze di centrosinistra, già alle elezioni comunali passate era apparso chiaro che stava cominciando a soffiare un vento di centrodestra. Un duro messaggio era stata la rottura sulle candidature presidenziali della Cencertacion, contro il candidato ufficiale si è presentato il giovane socialista Marco Enriquez Ominami. Il centrodestra ha da tempo al lavoro Sebastian Piñera (pr. Pigneira), un multimilionario, proprietario della maggiore compagnia aerea del Cile e leader del “Cambio”, un’alleanza tra i partiti di Rinovacion Democratica e Union Democratica Indipendente. Piñera è da tempo che guida con numeri sostanziosi i sondaggi, ad un certo punto era addirittura incerto con chi si sarebbe confrontato il 17 gennaio 2010, data del secondo turno delle elezioni presidenziali. Le votazioni si sono svolte anche per rinnovare la Camera dei Rappresentanti e metà dei senatori, secondo il modello delle repubbliche presidenziali.
Un dato interessante che dimostra anche il grado di maturità raggiunta dai cileni è la presenza tra i candidati alla Camera di un Alessandro Mussolini, questa volta in versione maschile, ovvero la candidatura di un nipote di Augusto Pinochet, figlio di Lucia, la figlia maggiore del dittatore cileno. Senza remore rivendica la storia di suo nonno ricordando spesso vicende vissute accanto al dittatore, come l’arresto a Londra, o quando Pinochet fu oggetto di un attentato nell’88. Come in Italia con Mussolini, è bene ricordare che per alcuni cileni Pinochet è un eroe che salvò il paese dal comunismo, mentre per altri è un truce dittatore.
Al di fuori delle valutazioni storiche e politiche sugli anni ’73 – ’88 che permangono diverse e appassionate, i cileni, pur soddisfatti della politica della Concertacion in questi 20 anni di governo, vogliono cambiare e hanno votato per rinnovare la classe dirigente del loro paese. Anche in Cile, come in Brasile Lula con la sua delfina Dilma Rousseff, la presidente Bachelet non è riuscita a trasferire la sua forte popolarità, più del 70%, al suo candidato Frei.
I risultati del primo turno parlano chiaro, con i44,03% di Piñera, il 29,62% di Frei, il 20,12/di Ominami, i cileni hanno indicato senza dubbio alcuno la volontà popolare di cambiare profondamente la guida del paese. Qualificati sondaggisti assegnano la vittoria al secondo turno a Piñera. |