Fino a pochi giorni fa il Brasile di Lula aveva sopportato con stoica pazienza le turbolenze degli stati vicini.
Agli istrionici comportamenti di Chavez il Brasile ha sempre offerto solidarietà, fermo restando le buone relazioni politiche ed economiche con gli USA; molti commentatori latino americani dicono addirittura che lo stesso Bush avrebbe chiesto a Lula di “tenerlo a freno”.
Ad aumentare le preoccupazioni del Brasile, con l’instabilità dei paesi confinanti si è aggiunto di recente l’ex vescovo cattolico Lugo che vuole risolvere il problema del sottosviluppo storico del suo paese aumentando enormemente il costo per il Brasile dell’energia elettrica prodotta nell’impianto di comune proprietà di Itaipù. Lula, nel ricordare che la centrale elettrica fu costruita con denaro brasiliano, ha fatto presente che vi sono già accordi, certamente si può fare qualcosa per aiutare il povero Paraguay, ma solo qualcosa.
Lo stesso dicasi per la Bolivia di Morales; Lula ha sopportato in silenzio la nazionalizzazione della Petrobras, limitandosi, di fronte alla grave crisi interna, a ribadire il suo appoggio a Morales in quanto presidente eletto democraticamente dal popolo. Questo fino all’ultima crisi, quando l’opposizione interna boliviana ha fatto una mossa che il Brasile di Lula non poteva accettare in nessun modo: prima ha minacciato, poi una “causale” esplosione di una valvola ha causato la riduzione del 50% del flusso di gas boliviano al Brasile. Il Brasile importa il 50% del suo fabbisogno di gas naturale dalla Bolivia, con questo gas si produce il 25% dell’elettricità ed è vitale per l’apparato industriale di S.Paolo che fornisce il 33% del PIL del paese.
Lula, in questi giorni al top storico dei consensi per un presidente brasiliano, il 64% di valutazioni buone o ottime, con una economia che è cresciuta nei primi sei mesi dell’anno di un incredibile 6%, non poteva rischiare disastri per colpa di Morales o di Chavez. Tutti i commentatori, dalla stampa brasiliana a quella spagnola, attenta e conoscitrice del monto latino americano, sono d’accordo nel dire che Lula ha fatto tre mosse: ha chiesto alla Bachelet, presidente di turno dell’UNASUR, il nuovo strumento per l’unità dell’America Meridionale, di convocare a Santiago un vertice; ha chiesto a Morales in quale direzione voleva andare, ricordandogli una dichiarazione del capo dell’esercito boliviano, Luis Trigo, che, dopo una presa di posizione di sostegno militare di Chavez a Morales, aveva affermato che a nessuno, da qualunque parte venisse, sarebbe stato consentito di entrare nel paese. Anche all’opposizione delle province autonomiste è stato posto il quesito se vogliono trattare o andare verso il baratro della guerra civile.
Dopo le pompose dichiarazioni dell’UNASUR a Santiago del Cile di grande appoggio alla democrazia e a Morales, precedute da quelle del Gruppo di Rio e di Città del Messico, tutti si sono detti pronti a sostenere, anche con l’invio di una delegazione, le trattative tra Morales e l’opposizione. Dopo ore ed ore di trattative, sul punto di saltare per l’arresto del governatore della provincia di Pando, Leopoldo Fernandez, il vice presidente Alvaro Garcia e il governatore della provincia di Tarija, Mario Cossio, hanno firmato separatamente un documento di tregua per avviare una trattativa tra le parti. Le province autonome si sono impegnate a rimuovere i blocchi stradali e a riconsegnare allo stato gli uffici e le strutture statali occupate. Morales a sospendere il referendum di approvazione della contestata costituzione e a smobilitare i propri fedeli.
La trattativa dovrà concludersi entro tre mesi. Vi parteciperà anche la chiesa cattolica, a patto, secondo quanto richiesto da Morales, che siano presenti anche gli evangelici e i protestanti.
È difficile fare previsioni sulla trattativa, quale soluzione verrà trovata per la principale richiesta delle opposizioni delle province autonomiste? I proventi del gas e del petrolio di cui sono ricche queste province andrà a loro o al governo centrale di Morales per sostenere i suoi elettori degli altopiani poveri? Quale costituzione verrà adottata, quella già approvata solo dai sostenitori di Morales senza la presenza dell’opposizione che prevede non un voto per ciascun cittadino ma il voto per etnia, ossia la creazione di “circoscrizioni etniche” in cui gli indios, indipendentemente dal loro numero, eleggeranno alcuni rappresentanti? Bianchi e mulatti delle province all’opposizione accusano gli indigeni di Morales di razzismo, il loro voto dovrebbe valere di più.
Vedremo come il nuovo organismo per l’unità del Sudamerica, l’UNASUR e Lula scioglieranno questi nodi. |