Nelle repubbliche presidenziali il giorno dopo le elezioni si comincia a guardare alle prossime, che in Brasile saranno nel 2010. a questo si aggiungano alcuni dati che rendono molto complicato lo scenario del 2010. Lula è al suo secondo mandato e non potrà più essere rieletto, una serie di scandali hanno decapitato il gruppo dirigente del PT, nomi come Jose Dirceu, Palocci, Genoimo sono scomparsi dalla scena politica. Né vi sono, in altre parti politiche, successori naturali o possibili. Ecco allora comparire nei mesi passati l’ipotesi di un cambiamento della costituzione per consentire un terzo mandato.
Dopo non poche polemiche, Lula abbandona il progetto, ufficialmente da lui sempre respinto. Eccolo allora concentrarsi nel lavoro di costruzione del suo successore.
La scelta cade su Dilma Rousseff, suo ministro della “casa civil”, ovvero capo di gabinetto, ma con grande potere. Lula le aveva affidato il compito di coordinare il PAC (piano di accelerazione della crescita economica), un insieme di interventi per 250 miliardi di dollari nelle infrastrutture del Brasile.
Alcuni dicono che la scelta sarebbe caduta su di lei in seguito al suo impegno, se eletta, a non ricandidarsi nel 2014, lasciando così lo spazio ad una nuova candidatura di Lula.
Personalità forte quella della Dilma, ex guerrigliera durante il regime dei militari, capace e sicura di sé, gli avversari la definiscono dura ed arrogante.
Lula la lancia ufficialmente il 7 marzo in una affollata consegna di lavori del PAC a Rio per recuperare alcune “favelas”. La chiama “madre del PAC”, coprendola di elogi, rendendo così quasi ufficiale la scelta della sua delfina.
Ma anche in Brasile il diavolo fa le pentole ma non sempre i coperchi. Quando sembrava partito il lavoro di costruzione del suo successore, accade un imprevisto che potrebbe cambiare radicalmente la situazione, Dilma viene coinvolta nella vicenda della commissione parlamentare d’inchiesta sull’uso illegale da parte di alcuni ministri di Lula di carte di credito governative.
Il ministro della “casa civil” viene accusata di aver preparato un “dossier” sulle spese del predecessore di Lula, Cardoso, e di averlo dato alla stampa. La Rousseff afferma di aver preparato solo un “banco dati” a disposizione della commissione parlamentare. L’opposizione apre immediatamente il fuoco sulla delfina di Lula.
Sarebbe lungo parlare degli innumerevoli scontri di questa nuova guerra. Anche se la maggioranza fa muro compatto in sua difesa, la Dilma entra in un quadro molto pericoloso.
Mentre infuria lo scontro, ai primi di aprile il vice presidente della repubblica, Josè Alencar, rilascia una sorprendente intervista dove dice che Lula ha fatto molto, ma che c’è ancora molto da fare e che il popolo lo vorrebbe per un terzo mandato.
Inoltre negli stessi giorni, un suo vecchio amico e compagno di partito di S.Paolo. Devinar Ribeiro, annuncia di voler sottoporre al paese un plebiscito per proporre al parlamento un emendamento costituzionale per consentire un terzo mandato.
Subito Lula smentisce dicendo che ognuno può dire quello che vuole, lui era e resta contrario al terzo mandato che è un fatto anti democratico.
Il paese si divide e sui mezzi di informazione si apre una discussione che alcune volte acquista toni molto accesi. L’autorevole Folha propende per credere a Lula, sarebbe troppo rischioso tentare di cambiare la costituzione, al senato la sua maggioranza è più nei numeri che nei fatti, ha già subito sconfitte clamorose, come il rigetto della CPMF, una imposta sui trasferimenti bancari.
La Folha ha fatto una ricerca in cui, nonostante l’indice di popolarità di Lula sia al 58%, il 65% dei brasiliani si è detto contrario ad un suo terzo mandato.
Sulla questione è intervenuto anche il presidente del STF (Supremo Tribunale Federale), la Corte Costituzionale del Brasile, Gilmar Mendes. Ha ricordato che spetta all’organo da lui presieduto esprimere prima di tutto la costituzionalità di un eventuale emendamento per il terzo mandato.
Se la Folha è prudente, durissimo è invece l’atteggiamento dell’altro grande quotidiano, O Estrado de S. Paulo. In una lunga intervista, il professor Guilhon dice che, non solo Lula vuole il terzo mandato, ma che starebbe manovrando in questa direzione fino alla sua rielezione del 2006. Presto farà cadere anche la candidatura della Rousseff, per dimostrare al suo PT e alla maggioranza che lo sostiene che, se si vogliono salvare dal tucano Serra, che è già al 38% di popolarità, l’unica candidatura è la sua con il terzo mandato.
Per non lasciare dubbi, l’influente quotidiano paulista in un lungo articolo del 14 u.s., dice che cambiare le regole mentre si gioca è un “golpe costituzionale”.
Le direzioni nazionali dei due partiti di opposizione, il PSDB di Cardoso e i Democratici, ex PFL, riuniti a San Paolo il 17 aprile, hanno deciso di opporsi con tutti i mezzi a loro disposizione contro l’ipotesi del terzo mandato. |