Anche in Brasile gli analisti finanziari e il mondo politico stanno studiando il contenuto e le reazioni alle misure antirecessione annunciate da Bush venerdì 18 gennaio. Ma, mentre le borse del mondo non danno risposte positive continuando a bruciare miliardi di dollari, sorprendentemente la Bovespa, la borsa del cuore economico del Brasile, San Paolo, non solo non scende come nei giorni passati, ma addirittura sale di uno 0.82%.
Si potrebbe anche valutare il fenomeno come un fatto occasionale dovuto ad una forte ripresa di due grandi imprese multinazionali brasiliane, la Petrobra (l’Eni del Brasile), e la Vae do Rio Doce.
La verità è che il segnale dato dalla borsa di San Paolo va letto come una dichiarazione che l’economia del Brasile non teme una eventuale recessione degli USA. Novità storica per il Brasile e l’America Latina. Le fortune e le sfortune dei paesi a sud del rio Bravo, il confina tra USA e mondo ibero americano, sono state legate per decenni all’economia del grande paese del nord America.
Le cose sono cambiate in modo sorprendente da pochi anni, già nella crisi asiatica della fine del secolo scorso il Brasile, lasciando fluttuare secondo le leggi del mercato la propria moneta, riuscì a contenere i danni, a differenza, ad esempio, dell’Argentina che pochi anni dopo, avrebbe subito una crisi dalle dimensioni storiche.
Le politiche economiche dei presidenti del Brasile degli ultimi quindici anni stanno dando i loro risultati. Cardoso e Lula, pur avversari ed espressione di realtà politiche diverse, hanno adottato sane politiche socialdemocratiche. Rispetto dell’economia di mercato, contenimento della spesa pubblica, avanzo di bilancio, realistiche politiche sociali, stabilità politica hanno cambiato in modo significativo la realtà economica del Brasile.
Certamente nemmeno il Brasile è totalmente immune dalle conseguenza di una significativa recessione dell’economia più grande del mondo, ma i dati in campo permettono al paese di fronteggiare i pericoli. Vediamo il perché.
Dato importante e sorprendente è che il Brasile non ha debiti in dollari ed ha addirittura, nelle casse del Banco Central, 160 miliardi di dollari di riserva. Si ricordi quale disastro sono stati nel passato i debiti verso l’estero. Negli ultimi anni il paese dipende meno dal commercio con gli Stati Uniti. Cina, India e Russia sono diventati i nuovi partners del Brasile.
L’altro elemento di fondamentale importanza è dato dal fatto che la crescita del PIL del 5% nel 2007 e del 5,5% per il 2008 è dovuta non solo alle esportazioni, ma soprattutto ad una forte domanda interna dei consumi. La politiche sociali iniziate nella presidenza Cardoso ed ampliate in quella di Lula hanno creato, anche attraverso l’aumento del salario minimo e del suo reale potere di acquisto, basi solide alla domanda interna.
Il Financial Times ha scritto in questi giorni che negli ultimi mesi il Brasile ha visto crescere fortemente gli investimenti stranieri, 37,4 miliardi di dollari, più del doppio di quelli dell’India. Il giornale attribuisce parte del successo alla ricchezza delle risorse naturali, come petrolio, soia e minerale di ferro, la cui domanda è in continua crescita. Il Financial Times aggiunge che le scelte di macro economia, come quelle di politica monetaria e fiscale, “hanno pavimentato la strada” verso il successo.
Certamente il Brasile sa che nessuno potrà essere immune da una grave recessione degli USA, ma questa volta il paese ha armi a sufficienza per difendersi. |