In questi giorni, e sarà così per molti mesi, gli italiani stanno assistendo ai complessi meccanismi della democrazia del grande stato del Nord America, le primarie per la scelta dei due candidati, repubblicano e democratico, alle elezioni presidenziali del novembre 2008.
Grandi dibattiti tra i candidati dello stesso partito, presto ci sarà quello diretto tra i due prescelti dai due grandi partiti. TV, giornali, radio ed internet ripetono le posizioni e le idee dei vari candidati, ma sorprendentemente in mezzo a questo fiume di parole e di argomenti vi è un grande assente: l’America Latina.
Che quest’area geografica non attiri più l’attenzione degli USA e del mondo se ne ritrova una conferma nel recente Forum Economico di Davos. Tra i 2500 imprenditori presenti, solo 45 erano latino americani, certamente c’erano i presidenti di banche centrali e i ministri delle finanze di Brasile, Messico e Cile, assenti totalmente l’Argentina e il Venezuela, ma sono passati quasi inosservati. Si dirà colpa dei latino americani che non vanno, dei capi di stato solo il colombiano Uribe si è fatto vedere. Sembra che l’America Latina non sia interessata a incrementare gli investimenti stranieri.
Si spiegano allora i risultati di un’inchiesta fatta dalla Zogby International su come gli statunitensi vedano l’America Latina. Di fronte alla domanda: quale regione è più importante per gli interessi degli USA, il 42,5% ha risposto il Medio Oriente, il 20,3% l’Asia, il 12,5% ha indicato l’Europa e la Russia, solo il 7,3% ha risposto l’America Latina.
Data la vicinanza, il risultato è sorprendete. È chiaro che gli abitanti degli USA guardano ad ovest o ad est, non al nord o al sud. Gli Americani del nord probabilmente si basano su quanto leggono sui loro giornali, ovvero niente.
Negli anni ’80 e ’90 i giornali erano pieni di notizie sulle crisi finanziarie dell’America Latine o sulle guerre dell’America Centrale. Adesso, nonostante Chavez si agiti quotidianamente contro gli USA evocando disastri e minacce di ogni tipo, è visto come una cosa molesta se non ridicola, mai come una minaccia.
Certamente una buona parte della stampa USA non ha ancora accettato che i “latinos” o “hispanos” siano diventati il gruppo etnico più grande, con un crescente peso nella vita del grande paese nordamericano. L’America Latina compare solo quando gli americani del nord rispondono alla domanda su quali siano i fattori importanti nella scelta del Presidente: il 76% risponde che si deve dare la priorità alle politiche per frenare l’immigrazione dai paesi a sud del Rio Bravo, confine tra il Messico e gli USA.
Non solo l’immigrazione è vista con grande avversione, lo stesso sentimento si manifesta verso i trattati di libero commercio e addirittura il 47% dice che il NAFTA, l’accordo di libero commercio con Messico e Canada, è negativo.
Amareggiato il Nuevo Heraldo, il grande giornale in lingua spagnola DI Miami, si domanda quanti nordamericani sanno che gli USA importano più petrolio dal Messico che dall’Arabia Saudita o che il loro paese esporta verso l’America Latina quattro volte di più che in Cina.
Ma se non si è mai parlato così poco di America Latina nelle primarie, differente per il futuro è il quadro per quanto riguarda gli immigrati di questa area geografica, gli Hispanos, per il loro grande problema, la legalizzazione di milioni di clandestini, gli “indocumentatos”. Certamente nelle primarie l’immigrazione illegale è stata oggetto di duri attacchi, e non solo nella destra repubblicana.
Sicuramente il candidato democratico, che sia la Clinton o Obama, se eletto, porterà di nuovo il problema in Congresso, cercando di vincere le resistenze che sono, si badi bene, non solo dei repubblicani, ma anche dei democratici.
Il grande fatto nuovo per i Latinos è il successo nelle primarie repubblicane di Mc Cain.
La proposta di Bush di legalizzare i 12 milioni di illegali non è passata nonostante l’impegno del senatore democratico Ted Kennedy e del senatore dell’Arizona John Mc Cain.
Se nelle primarie repubblicane fossero Mitt Romney o Mike Huckabee a prevalere con la loro dura politica anti immigrazione, il futuro degli hispanos illegali sarebbe sicuramente diverso.
Bush si è complimentato con Mc Cain, riconoscendosi nel vecchio combattente della guerra del Vietnam.
Se Obama infiamma i giovani, il settantunenne Mc Cain dimostra che non esiste età per cogliere gli umori e le aspettative del popolo della grande democrazia del Nord America. |