Dal 1991 i capi di stato e di governo di 22 paesi danno vita al vertice Ibero Americano. Ventuno sono gli stati nati dalla dissoluzione delle colonie spagnole e di quella portoghese del Brasile.
Complesso e variegato è stato il rapporto nei due secoli successivi all’indipendenza di una realtà che va dal Messico alle fredde acque della Terra del Fuoco nel profondo cono dell’America Meridionale con le madri patrie. Un insieme di odio, amore e oblio, se non di avversione, durante il periodo franchista, per quanto riguarda la realtà nata dall’eredità spagnola.
Ancora più forte la distanza tra il piccolo Portogallo e la sua ex colonia sudamericana, ingrandita molto, con atteggiamenti di mal celata sufficienza nei confronti della piccola madre patria, spesso oggetto di aneddoti sarcastici.
L’avvento della democrazia nei due paesi iberici e il loro sviluppo economico hanno successivamente riempito di ricchi investimenti la “hispanidad” e la “lusofonia” in America Latina.
Da questa antica identità nasce il vertice Ibero-Americano, che quest’anno si riunisce a Santiago del Cile e che, per la seconda volta, vede l’Italia come invitata.
Sembrava che tutto dovesse andare come nel passato, quasi una riunione tra “parenti”, con i soliti documenti pieni di buoni intenti e grandi idee, sempre seguiti dal nulla di concreto. In qualche riunione il vecchio Castro, con le sue divise del passato, teneva banco come un parente strano ma simpatico.
Erano pronte le dichiarazione per l’”inclusione sociale” e il rituale appoggio all’Argentina per le isole Malvinas, quando è scoppiato il “fattore C”, ovvero Chavez.
Data per incerta la sua venuta fino all’ultimo , è invece sbarcato cantando una canzoncina:” se mi volete o no, io sono così”. Dopo l’allegro e discusso sbarco, Chavez è divenuto subito il protagonista attaccando le imprese spagnole, ree di aver appoggiato il tentato golpe del 2002 contro di lui. Senza mezze parole accusa l’ex presidente del consiglio Aznar di essere un “fascista”. L’incidente sembrava chiuso con le vive proteste fatte in privato dal ministro degli esteri spagnolo Moratinos. Non contento, sabato, alla conclusione dei lavori, mentre Zapatero dice che Aznar, dal quale ha idee molto diverse, merita rispetto, Chavez lo interrompe ripetendo che Aznar è un fascista.
A questo punto va in scena quello che il mondo ha visto in TV: il re di Spagna, Juan Carlos, lo apostrofa con un duro: “ma stai zitto!”. Infine, quando prende la parola Ortega, presidente del Nicaragua, che appoggia Chavez e chiede miliardi di dollari agli USA per l’appoggio dato ai “contras” negli anni ’80, il re di Spagna si alza e se ne và.
Il vertice Ibero-Americano non riesce nemmeno a fare la foto ufficiale di fine riunione.
Mentre si tiene questo vertice, allo stadio nazionale di Santiago è in atto il “vertice dei popoli”, promosso dai partiti di estrema sinistra, da organizzazioni sociali e dai sindacati. È prevista la partecipazione di Chavez, Morales, Correa, Ortega e del cubano Lage. Chavez arriva con ore di ritardo, ma parla per due ore durante le quali arriva una chiamata sul suo telefonino, è Castro.
Chavez riporta al microfono le parole di Castro, lo stadio, tre o diecimila persone secondo le fonti, esplode:”Fidel, Fidel, che la Fidel?” gli imperialisti non ce la fanno con lui!”.
Sono presenti Morales, Correa e Ortega; Lula e Kirchner, invitati, hanno gentilmente rifiutato.
Chavez è stato nominato dottore honoris causa dalla Università cilena di Arcis.
È ormai chiaro che il blocco di Chavez e dei suoi amici dell’ALBA (Alleanza Bolivariana) vuole giocare un chiaro ruolo di protagonismo in America Latina. Vedremo come la cosiddetta “sinistra moderata” dei Bachelet e Lula saprà reagire alle tendenza egemoniche del castrismo del secolo XXI, lo “chavismo”. |