Dieci anni di buona politica economica stanno dando frutti visibili, consistenti e duraturi. Sono solo ricordi i mali tipici del Brasile: alta inflazione e debito estero altissimo. L’inflazione è sotto controllo, circa il 4% e con tendenza a scendere, il Brasile ha 135 miliardi di dollari in cassa e sta pagando regolarmente i suoi debiti. Il rischio Brasile è a 132 punti, ovvero il livello europeo. I pareri di economisti, ricercatori universitari e operatori finanziari stranieri e brasiliani sono tutti d’accordo, non si tratta assolutamente di un fenomeno passeggero, ma di una realtà consolidata su cui concordano anche gli osservatori più esigenti, le agenzie di rating internazionali. I Finch, i Moody’s e Standard and Poors hanno dato al Brasile un BB+, un grado sotto a quella valutazione che consente agli immensi patrimoni dei fondi pensioni euro americani di investirvi. Già adesso il dollaro è in caduta crescente e, nonostante questo, l’attivo della bilancia brasiliana raggiunge i 45 miliardi di dollari nel 2006. Certamente questi dati economici positivi non sono i soli, ma anche quelli sociali hanno dato forti segnali di cambiamento positivo. Il ritardo storico del Brasile ha sempre mostrato un paese dalle forti disuguaglianze sociali, con decine di milioni di persone che vivono sotto la soglia della povertà ed altrettante con qualità di vita molto bassa. La discesa dell’inflazione, l’ aumento dei salari minimi e del potere d’acquisto, la stabilità economica, piani di assistenza sociale ben riusciti ( bolsa familia) per 11 milioni di famiglie, non solo hanno migliorato le condizioni di vita di decine e decine di milioni di brasiliani, ma hanno fatto uscire un dato storico per il Brasile, negli ultimi anni gli indici di disuguaglianza sociale sono scesi, di poco ogni anno, ma sono scesi, toccando il 4,5%. Certo poco, pochissimo, ma sembra invertirsi un processo. Sono questi i dati che hanno portato Lula, nonostante gli innumerevoli scandali che si sono abbattuti sul suo partito, sul Governo e su alcuni suoi strettissimi collaboratori, al grande successo elettorale nell’anno scorso. Ma Lula, già in piena campagna elettorale, pur giustamente difendendo il proprio buon lavoro, non ha mai mancato di rimarcare la necessità di fare di più, molto di più. Certamente il PIL del Brasile cresce, il 4% nel 2006, ma Lula è consapevole che occorre di più per sanare il baratro delle disparità sociali del paese. Così, una volta vinte le elezioni, ancor prima di fare il Governo del secondo mandato, dopo non poche discussioni tra i suoi uomini, Lula lancia a gennaio il PAC (piano dei accelerazione della crescita). Si tratta di un programma che comprende un insieme di politiche economiche, programmate per i primi quattro anni, che ha come obiettivo accelerare la crescita economica del Brasile, prevedendo investimenti totali di 503 miliardi di reais (circa 250 miliardi di dollari) fino al 2010, contemplando come prioritario il settore delle infrastrutture, quali porti e rete stradale. È stata proprio Dilma Rousseff, ministra della Casa Civile, che in Italia sarebbe un incrocio tra capo di Gabinetto e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, a ribadire che il grande sforzo del PAC non è solo per accelerare il PIL, ma anche i progetti delle infrastrutture. Il ministro Rousseff, che viene chiamata nei corridoi la “donna di ferro” per il suo carattere deciso e per la sua efficienza, si è vista affidare da Lula il difficile compito di supervisionare l’andamento del progetto PAC. Eccola pertanto a Roma a presentarlo a politici, imprenditori e scienziati, in pochi giorni di fittissimi incontri, completati da una conferenza stampa nella sede dell’ambasciata del Brasile il primo giugno. Ha dato cifre e dati dell’impegno del Governo di Brasilia. Il milione e settecentomila e forse più di chilometri di strade in pessime condizioni riceveranno almeno13 miliardi di reais all’anno. Per le ferrovie, il Brasile ne ha solo circa 30.000 Km. e mal ridotte, il Governo federale interverrà con 3 miliardi che si aggiungeranno agli 11 dei concessionari. I porti ed i magazzini sono una delle infrastrutture più carenti nelle sue vie di accesso; riceveranno per lo meno 600 milioni per anno. Risanamento urbano: in Brasile solo il 69,7% delle case ha le fogne o la fossa biologica e solo l’82,3% del totale ha l’acqua in casa. Per superare questi problemi ci sono 9,6 miliardi di reais, oltre a stimoli affinché i comuni e gli stati incentivino l’investimento dei privati. I tecnici prevedono per il 2010 un “black out” (apagão), per evitarlo il Governo spenderà annualmente 16,6 miliardi di reais adottando inoltre una serie di misure per snellire la costruzione di centrali elettriche vittime di ogni tipo di difficoltà. La casa ha un deficit di 7,9 di abitazioni annuale, le classi più povere incontrano grandi difficoltà ad accedere ai prestiti e poi a pagarne gli interessi. Il PAC prevede 19 miliardi di reais, di cui 12 della Caixa Economica Federale, per vincere questa sfida.
Al termine del suo vasto intervento il Ministro ha ribadito l’interesse del Brasile a che imprese del campo farmaceutico, specialmente quelle produttrici di vaccini, investano in Brasile che importa ben due miliardi e seicento milioni di dollari l’anno di medicinali. Il dibattito seguito ha offerto l’occasione per dare una risposta chiara e precisa ad un tema di grande attualità in Sud America, il problema dei bio carburanti. Lula, in un articolo sul Guardian, ha ribadito che i biocarburanti sono la speranza dei paesi poveri. Ma molti sono contrari, da Castro a Chavez, perché sottrarrebbero terreno alla produzione di alimenti per favorire i paesi ricchi e i grandi gruppi economici. Con calma e puntigliosa precisione, la Rousseff ha smontato questa accusa. In Brasile, sui circa 60 milioni di ettari occupati dall’agricoltura, solo il 5% è impiegato dalla canna da zucchero, pianta che è altamente produttiva di alcool, ma il Brasile occupa ben 220 milioni di ettari di cui la metà dedicati a pascoli, l’utilizzazione di parte di questi terreni potrebbe farlo diventare in pochi anni quello che l’Arabia Saudita è oggi per il petrolio. Quindi il Brasile potrà produrre biocombustibili senza toccare un ettaro di agricoltura o di foreste, ma potrà farlo con le tecnologie di seconda generazione. Il Brasile in questo campo è il più avanzato del mondo. I paesi poveri potranno produrre combustibile dagli scarti della loro produzione agricola. È quindi una grande prospettiva per combattere il riscaldamento della terra e per aiutare molti paesi in via di sviluppo delle Americhe e dell’Africa a vincere i ritardi della storia.
Ai critici il ministro ha ricordato come ben presto 400.000 famiglie dedite all’agricoltura
saranno impegnate a produrre biodiesel attraverso la coltivazione di olio di palma e di ricino. Tutti in Brasile ricordano come il piano “real”, ovvero la vittoria sull’iperinflazione, abbia portato Cardoso alla presidenza. Molti, nel PT di Lula, si augurano che il successo del PAC produca lo stesso risultato per l’ex guerrigliera Dilma Rousseff. |