Credo che prima di fare commenti e valutazioni sulle recenti elezioni in Brasile occorra dire una cosa che sorprenderà molto: i 130 milioni di elettori brasiliani hanno dato una grande prova di democrazia e di rispetto della libertà politica. Senza morti, senza incidenti, al massimo qualche richiamo agli attivisti che facevano “boca de urnas” ovvero propaganda vicino ai seggi elettorali, si badi bene, dovendo dare ben cinque voti (Presidente, Governatore, Senatore, Deputato federale e statale). In un paese continente di 8 milioni e mezzo di chilometri quadrati (27 volte l’Italia) si è votato con l’urna elettronica e dopo circa tre ore si sapeva già il risultato del secondo turno. E’ successo quello che fino a due giorni dal voto sembrava impossibile: fermare la vittoria di Lula al primo turno. Certamente sono valide le ragioni addotte per spiegare questo insuccesso di Lula, l’ultimo scandalo in cui alcuni petisti cercavano di comprare con due milioni di reais in contanti documenti scandalistici contro Serra, candidato alla carica di Governatore del potente e ricco stato di S.Paolo e dello stesso partito, il PSDB di Alckmin. L’errore di Lula di non essere andato l’ultima sera alla televisione Globo insieme agli altri candidati. Tutto certamente vero, ma è anche vero che gli ultimi giorni di campagna elettorale hanno fatto scoprire ai brasiliani un uomo diverso da Lula e il cui stile di campagna elettorale ha cominciato a dare i suoi frutti proprio verso la fine. Il “tucano”, nome dato ai membri del Partito della Socialdemocrazia brasiliana, Alckmin, è un paulista che viene da lontano: consigliere comunale, sindaco, deputato statale e poi federale, vice governatore, infine Governatore dello stato di S.Paolo. Una lunga esperienza amministrativa, una laurea in medicina, un carattere calmo e pacato. E su questi dati di uomo tranquillo e preparato, alieno da populismi, con un eloquio al limite del noioso, il tucano ha fatto una campagna differente da quella vivace e simpatica del vecchio sindacalista Lula. Inchiodato per mesi al 21%, mentre Lula era sempre sopra al 51%, non mollando mai né dando segni di sfiducia. Mentre montagne di scandali potevano dargli armi velenose contro il suo avversario, ha quasi sempre mantenuto i suoi interventi sulla politica, prendendosi addirittura gli attacchi degli alleati per questo suo modo signorile, come è avvenuto con il focoso senatore baiano Magalhaes del partito alleato del PFL. Addirittura l’ex Presidente Cardoso è esploso attaccando con una lettera il Partito tucano per lo scarso impegno nei confronti del proprio candidato destinato così ad una sconfitta senza appelli. Adesso la partita si è riaperta con scenari difficili da interpretare data la complessità dei meccanismi politici brasiliani. Forse sarebbe bene, quando si guarda alla politica brasiliana, tenere presenti due dati: le realtà dei 26 stati (più il distretto federale) e la debolezza dei partiti. Molte volte gli interessi dei partiti sul territorio fanno fare al partito e soprattutto ai suoi candidati locali scelte diverse da quelle nazionali. Questo dato ha giocato quasi sempre a favore di Lula. Alcuni esempi: a Bahia il padre del Sindaco, l’ex Governatore Durval, candidato con successo al Senato, membro del PDT e quindi elettore di Buarque, candidato dal suo partito alla presidenza della Repubblica, ha invece fatto votare pubblicamente per Lula. Sempre in questo popoloso stato del Nordeste il partito di Alckmin, il PSDB, è ferocemente in guerra con l’alleato PFL di Magalhaes. Nel Maranhao, la candidata alla carica di Governatore del PFL portava pubblicamente Lula seguendo l’esempio del padre, Sarney, ex Presidente della Repubblica, ricandidato al Senato nel piccolo stato dell’Amapa. Ma non erano solo i candidati del partito alleato del PFL ad avere paura a salire sul palco insieme ad un candidato ormai destinato alla sconfitta. Nello stesso partito del PSDB ci sono stati atteggiamenti di debole impegno con risultati paradossali come nel Minas Gerais dove il compagno di partito Aezio Neves, candidato alla carica di Governatore, prende il 77% dei voti, Lula il 50% e Alckmin un magrissimo 22 percento.
Una volta passato il primo turno la situazione dovrebbe migliorare molto per Alckmin, anche se le complessità degli stati dove il 29 ottobre si voterà per il secondo turno per la carica di Governatore renderà il quadro molto complicato, con sorprese quotidiane. Vedi ad esempio quello che è accaduto a Rio. Alckmin riceve i coniugi Garotinho, la moglie Governatore uscente, il marito ex Governatore. Subito reazioni violente del Sindaco di Rio del PFL che minaccia di non votare più per il Tucano, mentre la candidata del PPS (ex comunisti) per la carica di Governatore, l’ex giudice Denise Frossard, dice di cambiare candidato alla Presidenza. Il deciso intervento di Freyre, presidente del PPS, rimette le cose a posto. E’ certo che vicende di questo tipo riempiranno il mondo dei media fino al 29 ottobre. I due candidati cercheranno non solo di prendere i voti dei candidati dei singoli stati, ma anche di fare alleanze con i partiti. Il socialdemocratico PDT, unico partito ad oggi membro dell’internazionale socialista, appoggerà il socialdemocratico Alckmin, lo stesso farà il PPS, erede del partito comunista del Brasile. Il centrista PMDB, uscito come il gruppo più grande alla camera, è diviso a metà tra i due candidati e non prenderà posizione ufficiale. Lo scontro sarà questa volta duro, durissimo, senza esclusione di colpi. Molti sono curiosi di vedere il confronto televisivo tra i due. Lula punterà molto su questo tipo di confronto certo di avere la meglio in una sede, la TV, dove si gioca buona parte del risultato. E’ certo che in questa occasione Alckmin non farà più il “signore”. Un dato pesa su tutta la campagna elettorale: la polizia federale non ha avuto dai petisti arrestati nel “dossie gate” i nomi di chi ha fornito la montagna di reais. Potrebbe essere una bomba mortale.
n.b. in Brasile Alckim si pronuncia “Aukimi”
Roberto Lovari |